LA GUERRA A STOMACO PIENO.

Mio nonno ha fatto la guerra, cioè, in realtà non ha mai sparato neanche un colpo, diciamo che la guerra lui l’ha vissuta di riflesso. Le sirene, le bombe, la paura, ma una cosa più di tutte l’ha veramente segnato: la fame. Passava tutto, ma la fame restava sempre.

Ecco, noi siamo gli eredi di quella generazione lì, quella che in qualche modo ha visto la guerra. Forse è per questo che ci piace mangiare, per scacciare questa fame atavica che ci portiamo dietro da cent’anni, perché quando mangiamo la guerra è proprio lontana. E allora ci abbuffiamo, ogni occasione è buona per farlo, feste comandate, cerimonie, serate con gli amici, mangiamo e ci sentiamo felici, in tempo di pace.
Ci piace mangiare, ma cerchiamo di dissimulare questa nostra naturale propensione all’ingozzamento, facendo finta di invidiare quelli che fanno sport e stanno costantemente a dieta, facciamo loro i complimenti ma in realtà pensiamo che siano dei repressi, dei fanatici, ci convinciamo che siano tristi e con problemi di salute. A noi che piace mangiare quelli che non mangiano ci spaventano e come tutte le cose che fanno paura li esorcizziamo con la cattiveria. “non mangia perché è depresso”… “quello è vegano, scommetto che ce l’ha piccolo”, congetture diaboliche, ingiurie gratuite, lanciate senza motivo contro qualcuno, solo perché mangia poco, o peggio ancora, mangia in modo diverso dal nostro.

A noi piace mangiare, ma anche sperimentare, siamo affascinati dalla cucina esotica, ogni tanto proviamo qualche cibo improbabile, tipo la bacche di goji, l’avocado, il tofu, gli edamame, il camu camu…un elenco infinito di parole più o meno impronunciabili accomunate tutte da un’unica grande certezza: non sanno di un cazzo. Le mangiamo così, non per sfamarci, no, noi le mangiamo per gioco. Una cosa tipo “stasera facciamo ‘sta pazzia”. Frequentiamo questi ristoranti messicani, turchi, giapponesi, indiani, ma solo per fare le foto ai piatti e postarle su instagram. Anche perché, diciamocelo, noi del cibo esotico non ne sappiamo una mazza. Mangiamo qualsiasi cosa abbia un aspetto innovativo fingendoci esperti e decantandone il gusto sopraffino, finché qualcuno ci fa notare che è un’insalata di pollo.
Ma non ce ne frega, l’importante è mangiare, non importa cosa, importa quanto. Una volta mi hanno trascinato in un ristorante cinese, “vieni, ti divertirai e poi è all you can eat”. Ammetto la mia ignoranza, non avendo mai messo piede in un ristorante cinese non avevo idea di come funzionasse la cosa. Arriva questa simpatica cameriera dai tratti asiatici e l’accento marcatamente livornese. Ci lascia i menù e il bigliettino per le ordinazioni.
“Oh, scegli, prendi tutto quello che vuoi, il prezzo è 10 euro, sempre, qualsiasi cosa tu voglia mangiare. Quindi approfittiamone”. Detesto la cucina cinese, il pesce crudo, le alghe, il gelato fritto, tutti quegli intrugli che sanno di fogna e cannella. Ricordo che mi limitai a scegliere solo i piatti che conoscevo: ravioli al vapore, gamberi al vapore, patate al vapore e gelato. Al vapore. I miei amici invece ordinarono di tutto, senza ritegno, alla povera cameriera venne la tendinite a causa dei vassoi che continuava a portare in tavola. A metà cena quasi tutti erano sull’orlo della disperazione, ma lei, la piccola cinese labronica continuava a manifestarsi imperterrita. A un certo punto mi spiegarono che dovevamo mangiare tassativamente tutto, perché il prezzo era sì di 10 euro a persona ma con la clausola che non rimanesse niente nel piatto. Il cibo che avanzava sarebbe stato aggiunto al conto. E lì iniziarono a palesarsi davanti ai miei occhi scene surreali. C’era gente che si ingozzava fino a diventare cianotica, altri, i cosiddetti “furbetti del cinesino” che mettevano abbondanti porzioni di sushi nei piatti dei clienti del tavolo accanto, altri ancora imboscavano pezzi di sashimi nelle tasche della giacca, dentro le scarpe, nelle mutande. Uscimmo che sembrava di stare al raduno degli omini Michelin.

“All you can it, street food, doggy bag” Cosa significano, non si sa, non ha importanza, l’importante è mangiare, anche se non abbiamo fame. Dobbiamo farlo perché “pare brutto” rifiutare il cibo. Se ti invitano a cena e non mangi i padroni di casa si offendono, iniziano a farti domande imbarazzanti del tipo “cosa c’è, non ti piace? Preferivi l’abbacchio anziché la faraona farcita? Stai male?, dai assaggia questa arancia, è del nostro frutteto” e tu non sai come uscirne. Quella che fino a qualche momento prima era una normale cena fra amici di vecchia data si sta trasformando in una vera e propria inquisizione. Ti ritrovi a cercare con lo sguardo una via di fuga, a lavorare d’astuzia per trovare un modo elegante di andartene senza destare sospetti. Adduci scuse improbabili, come un improvviso attacco d’asma spiegando che devi andare a casa a prendere il Ventolin. Nessuno ci crede, ti alzi e loro ti seguono, con lo sguardo sempre più incattivito. Guadagni la porta, cercano di trattenerti, ti divincoli, iniziano a volare parole grosse. “Fermati stronzo, finisci almeno di mangiare la frutta”, ma tu con uno scatto felino ti fiondi giù per le scale, arrivi in strada e uno di loro si affaccia alla finestra lanciandoti una cipolla di Tropea gridando, “non hai assaggiato neanche la crostata, a pezzo demmerda!”.

Se volete vederci patire proibiteci di mangiare. Fin da bambini sviluppiamo questa avversione alla privazione di cibo. Quando al mare mia madre mi diceva “prima di poter fare il bagno devi stare 4 ore senza mangiare”, mi innervosivo, quelle quattro ore mi sembravano quattro settimane. Dopo mezz’ora iniziavo a sentire i crampi allo stomaco, ad avere fantasie culinarie guardando i gabbiani. Mi sarei mangiato anche il coniglio al forno di nonna Celestina, che a giudicare dal sapore di vino che sprigionava, probabilmente era morto affogato in una damigiana di barbera. E a me il vino faceva veramente schifo.
Ma anche fare le analisi del sangue è una tortura, non tanto per l’ago che ti entra in vena, no, il dramma vero è che devi farli a stomaco vuoto. Anzi, la tradizione vuole che tu non debba toccare cibo dalla mezzanotte precedente. Non so se sia vera questa cosa del digiuno dalla mezzanotte, so soltanto che una volta mangia due tarallucci a mezzanotte e un quarto e dalle analisi risultò che ero al secondo mese di gravidanza.

Mangiamo e siamo felici, non pensiamo a niente e quando in televisione sentiamo dire “in questa stagione calda è consigliabile bere molto e mangiare solo cibi leggeri” il primo pensiero che ci passa per la testa è “ma vaffanculo va”. Se non mangiamo ci convinciamo di essere nervosi, ansiosi e impotenti.

E allora per un po’ lasciamo da parte i problemi, abbandoniamo le privazioni e lasciamoci cullare dal suono delle fettuccine alla bolognese che si arrotolano sulla forchetta, degli spaghetti all’amatriciana, del fegato alla veneziana, dei saltimbocca alla romana, del cacciucco alla livornese, Mangiamo e godiamoci questa parentesi di assoluta felicità, che da un momento all’altro. la guerra potrebbe tornare.

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