Anche Capitan Harlock ha il suo “piccolo” problema.

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Allora, so già che a questo giro mi farò un bel pò di nemici, ma ultimamente sono diventato un amante del brivido e del chissenefrega.

Dietro a casa mia c’è una scuola elementare, niente di che, una normalissima scuola di quartiere, quasi mimetizzata fra le case che la circondano, ad occhio nudo non vedo particolari minacce, tantomeno animali feroci che potrebbero mettere a repentaglio l’incolumità dei piccoli alunni. Ecco, allora mi chiedo quale sia l’utilità di portare i bambini a scuola col Suv.

Certo, che a prendersela con i Suv, gli Hummer e i gipponi guidati in città anziché in posti più consoni alle loro dimensioni, si passa subito per moralisti di sinistra.

È vero che sono poche le cose che vanno criminalizzate in assoluto: a parte l’amianto e le scarpe ballerine rosa.
Persino la candeggina e l’acido muriatico hanno con ragione i loro estimatori. Abbiamo imparato che la nocività dipende dalle modalità con cui si usano, ma che ci sono casi in cui persino l’acido muriatico è un toccasana…almeno secondo Totò Riina.
Per questo sono convinto che un fuoristrada 4 per 4 sia utilissimo se si vive in una baita alpina, oppure se per arrivare alla scuola fosse necessario guadare torrenti sottoposti a straripamenti, magari sei uno yankee e devi affrontare le strade ghiacciate del Nord Dakota o del Minnesota, o devi salire su nel Maine e nei boschi dell’Acadia National Park. Ma qui, al massimo, ti può capitare di dover oltrepassare specchi d’acqua catalogabili come “pozzanghere” e, onestamente, l’insidia del loro attraversamento è minima, almeno per chi guida, un pò di più per la donnetta sul ciglio della strada che viene sistematicamente annaffiata.

C’è chi obietta affermando che una vecchia fiat Uno turbo inquina più di un Suv, e forse è vero, ma alle otto di mattina, davanti al mio cancello, non vedo Uno (nessuno e centomila…) turbo parcheggiate, Suv parecchi.

Ultimamente ho notato una crescita esponenziale di fuoristrada o affini, a occhio, un Suv ogni jackrussel.
Dal terrazzo vedo piombare sul marciapiede queste vetture enormi, sembrano l’astronave di Capitan Harlock, mi immagino sempre che scenda un invincibile titano di tre metri, si apre il portellone, vedo uscire il fumo bianco, probabilmente è polvere intergalattica, viene calata la scaletta e appare…uno gnomo di un metro e dieci con lo zainetto di Ben10.
Ora, non voglio fare il qualunquista e sfruttare tutti i luoghi comuni che conosco, ma di solito, questi mostri mangia asfalto sono pilotati da mamme atletiche e abbronzatissime. Sembrano fotomodelle (forse alcune di loro lo sono davvero), che vivono seguendo il feng shui e hanno esiliato dal loro fisico la cellulite e i peli superflui. Alcune le conosco e anche se non ho con loro rapporti di amicizia, so comunque che abitano a meno di 400 metri di distanza dalla scuola, ma se per caso provi a farle ragionare dicendo che esistono le biciclette o le scarpe da trekking, loro ti risponderanno che se intasano le strade coi loro macchinoni, la colpa è del comune che non costruisce i parcheggi e che comunque sia, mica possono farsi tutta quella strada a piedi, poi ti salutano frettolose perchè stanno facendo tardi all’appuntamento con le altre mamme per la camminata di tre chilometri sul lungomare. E qui mi fermo, altrimenti domattina queste mamme me le trovo sotto casa agguerrite e armate fino ai denti.

Ovviamente ci sono anche i piloti…maschi, e qui, non si può che dare ragione a Michele Serra quando afferma che «quei giovanotti rapati e con le lenti a specchio che guidano i gipponi difficilmente leggono le riviste dei padri comboniani, più facilmente pensano che il resto dell’umanità, quando passano loro, deve scansarsi».
Senza considerare la teoria secondo la quale la grandezza dell’auto è inversamente proporzionale all’organo riproduttivo e il Suv è, oggettivamente, grandino… Probabilmente guidare/pilotare un auto del genere può dare un senso di potenza, vigore e forza…e questi termini la dicono lunga sulla validità della “nostra” tesi…

Pare che questi “mega shuttle” abbiano consumi accettabili e prestazioni eccellenti e qualunque venditore di auto che si rispetti ti darà garanzie sulla loro affidabilità e sicurezza. Compra fiducioso, tutte le promesse verranno mantenute, anche se…per non mantenere una promessa non occorre più essere un marinaio, basta aver cantato sulle navi.

Spero di essere perdonato dai miei lettori che possiedono un Suv, non la prendete sul personale, sono solo considerazioni scellerate…d’altronde io guido un’utilitaria, e secondo il mio andrologo, è l’auto giusta per me.

…perchè avere un decanter nel comodino è inutile.

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Non riesco a spiegarmi il motivo, ma le grandi città mi mettono un po’ di inquietudine.

Prendi un uomo sulla quarantina (oh, cifra arrotondata per eccesso, intendiamoci), abituato a sguazzare come un’anguilla nella vita di provincia e portalo ad assaggiare la vita di città. Si sentirà a suo agio come Malgioglio al puttan-tour.

Si, perchè noi provincialotti non conosciamo le abitudini degli esseri evoluti che popolano l’Olimpo dei palazzoni e dei circoli culturali, che abbelliscono la “Big City” come i gerani sui terrazzi. Noi l’unico circolo che conosciamo è quello del dopolavoro della stazione e dubito che Sciascia o Montale si siano mai seduti a quei tavoli.

Ma in fin dei conti anche gli déi cittadini hanno un cuore e magari con un paio di loro sei pure amico, oddio, amico forse è troppo diciamo che qualche volta lui posa il suo sguardo misericordioso su di te, perchè in era paleolitica eravate vicini di casa.
Ebbene si, anche lui viene dalla provincia, ma nessuno deve saperlo, cavolo, ci ha messo ventidue anni a convincersi di essere degno della città, ventidue anni e una quantità spropositata di docce giornaliere, si perchè quell’odore di strade sconnesse e salmastro, di individui sempliciotti e boccaloni ti si appiccica addosso come l’aroma di olio fritto alla sagra del bombolone.
Ma alla fine c’è riuscito, si è scrollato di dosso quel fardello, si è tolto dagli occhi quel cielo, si, proprio quello che ti apriva i polmoni solo a guardarlo. Si è fatto un mazzo così per farsi accettare, per diventare “uno di loro”, uno che conta e la paura di essere additato come forestiero, emarginato e bollato per sempre come perdente, bhe, quella paura gli si legge negli occhi. E non è un bel vedere.

Ma ha l’esigenza fisica di affermare il suo successo con coloro che non ce l’hanno fatta, che non hanno avuto il fegato di rischiare e di lasciarsi tutto alle spalle, gente media con sogni medi.

Ed ecco che ci invita a cena. Sulla carta una innocua rimpatriata con un paio di amici, nella realtà è un po’ come quando il padrone del maniero elargiva elemosine ai suoi servi. E così vi presentate al ristorante “bene” del quartiere “bene”, vestiti come tre operai dell’Italsider al veglione di capodanno. Certo è un bel salto passare dalla trattoria di Alvaro “il caccola” a quel tempio della nouvelle cousine con un nome in francese che non riesci neanche a pronunciare.

Il vostro benefattore arriva con dieci minuti di ritardo e vi accoglie con un sorriso pidiellino che illumina il tavolo.

Vi sedete e il cameriere (ma sicuramente ci sarà un termine “tecnico” per chimarlo) vi porta la carta dei vini. Iniziate a studiarla con fare da finti (anzi fintissimi) intenditori e avete l’assoluta certezza che la cifra che vede di lato sia l’anno della vendemmia e non il prezzo. (anche se il simbolo dell’euro che precede il numero un dubbio ve lo insinua). Visto che voi non ci capite una mazza, lui vi toglie dall’imbarazzo e ordina un qualcosa di strano, vi pare di aver capito “spuma al cedro” ma non ne siete certi. Aggiunge anche un “per favore porti anche un decanter”. Lo stupore si stampa sui vostri volti. Come sarebbe? un posto così elegante permette che entrino i posteggiatori con la chitarra a cantare?…mah…certo il decanter neanche sapete cosa sia, al massimo conoscete “il cantero” perchè vostro nonno lo metteva la sera dentro al comodino. (insomma da noi in Toscana “il cantero” era il vaso da notte…per alcuni lo è ancora).

Va bhe, sorvoliamo, lui ordina l’antipasto e i primi, per tutti.  Voi scegliete il secondo. Rigorosamente carne. Ritorna il cameriere vestito come un ferrotranviere alla notte degli oscar e quasi estasiato esclama ” ah, la carne è la nostra specialità” che per un ristorante di una città che si affaccia sul mare è tutto un dire. “Stasera vi consiglio un battuto di carne avvolto in un pane dorato e croccante”…e così vi mangiate un paio di belle fettine panate da venticinque euro ciascuna.

Alla fine arriva il conto, l’amico di fianco a te lo legge e crede che sia il numero della partita iva, ma il vostro altolocato accompagnatore non puo’ certo esimersi dal fare il gesto eclatante, tira fuori la carta di credito e salda.

Che dire, ve ne tornate alle vostre rispettive case, lui col SUV della Mercedes, voi con la Punto mille.

E domani è lunedi e si torna al lavoro, solite facce, solite strade e per fortuna…solito cielo. Ma siete felici di non “avercela fatta”, di poter continuare a darvi appuntamento davanti al bocciodromo e di andare la domenica pomeriggio da Lapo a mangiare la schiacciatina con la torta di ceci.

La prossima volta la cena si fa dal vecchio e sicuro Alvaro e, se ci tiene così tanto, sarà il vostro amico a spostarsi da voi, certo che….”se la montagna viene da te ma tu non sei Maometto…ti conviene correre, perchè è una frana”. (Anonimo)

Pubblicità progresso

Questo è solo un post di servizio.

Oggi è una data da segnare sul calendario. la mia cara amica/collega (in campo bloggeristico) Gnappetta ha deciso finalmente di aprire il suo vero blog. Non la conosco di persona, ma ho imparato ad apprezzarla su “faccialibro” e tutti noi fans abbiamo fatto opera di stalking per costringerla ad aprire un vero blog, minacciandola con atti vandalici.

Missione compiuta. Ha ceduto.

Ha scritto il suo primo post e tutti noi sappiamo l’ansia che si prova “la prima volta”, la speranza di vedere i primi “like” o quantomeno sapere che qualche povero Cristo legge ciò che scrivi. E magari lo trova interessante. E magari ci fa pure due risate. E magari inizia a seguirti e aspetta con ansia che tu ne scriva un altro.

Si, insomma, di solito non faccio una pubblicità così sfacciata, ma questa è un’occasione speciale che merita la giusta attenzione, quindi vale la pena di buttare un occhio al suo primo pezzo e farle capire che noi ci siamo e siamo disposti a sostenerla.

Anche perchè è avvocato/essa…e sai com’è….sarebbe meglio averla dalla nostra parte.

Ok, la trovate qui: (Re)flussi di coscienza

P.S. Nonostante quello che dice il mio amico r. in fondo non sono una brutta persona. A proposito…Gnappetta…per la tua parcella di quel “processino” per associazione a delinquere…siamo a posto così…vero???

Di yogurt, minestroni e di altre catastrofi.

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Io non so voi, ma quando esco da un supermercato ho bisogno di una camomilla.

E’ diventato un mondo difficilissimo, vige la legge del più forte, del più veloce a prendere il numeretto e, senza ombra di dubbio…del più cattivo.

Già, più sei bastardo più fai prima a fare la spesa. Avete mai visto un monaco tibetano all’ipercoop?, no, non ci vanno. E non perchè siano vegetariani o vegani, ma soltanto perchè se entrano lì dentro o non escono più o se escono avranno sicuramente dato un ceffone a qualcuno.

Ok, di seguito, alcune riflessioni del perfetto bastardo da supermercato.

Già entrando ci sono le donnette sulla settantina, con il carrello che tamponano chiunque . La prima cosa che penso vedendole è: “andate alle botteghe, cazzo”, basta con questo supermercato, è per i giovani, per gente dinamica. Passando le vedi ferme al banco dell’ortofrutta con un limone in mano, e sono lì che lo fissano. Dai, mica diventa un kiwi, vai sulla bilancia, lo pesi, lo metti nel sacchetto e lo porti a casa. Certo, sembra facile, ma devono indovinare il tasto con il numero giusto sulla bilancia. L’ultima volta la signora davanti a me aveva comprato tre pomodori pachino e li ha pagati sessanta euro, li ha etichettati come “zucche della Manciuria”.

Sono lì che sto riempiendo il mio carrello e arriva sempre quello che mi tocca, mi tira la maglia…”senta signore mi prende la pasta su in alto che non ci arrivo?”…e che palle, le offerte per i pensionati sono in basso, dai, in alto c’è la roba di marca, lascia stare, che fa aumentare la pressione minima.

Il dramma assoluto avviene quando devi comprare qualcosa nella corsia dei banchi frigo.

Ti avvicini e noti che iniziano a cadere i primi fiocchi di neve, la gente esce con il piumino e i doposci. Ti infili in questo ghiacciaio di latticini, pasta fresca e yogurt. Ecco, lo yogurt. Ma avete notato quanti tipi di ne esistono? Centinaia di gusti, modelli e quello della Marcuzzi e quello della Sandrelli, tutti i tipi di frutta esistenti sono messi nello yogurt. Quando ero piccolo io, esistevano due tipi: quello che faceva cagare come gusto e l’altro che faceva cagare e basta.

Una volta la cassiera ti dava un filo di umanità, ti consigliava su come fare il minestrone…”sa, mio nonno nel minestrone ci metteva il sedano”, la signora dietro di te “mio nonno, gli asparagi”, quella dietro “il mio, l’anguria”, il penultimo della fila “il mio, ci pisciava” e l’ultimo “mio nonno, ai vostri nonni gli faceva un culo così”. Ma erano momenti di aggregazione.

Oggi no, oggi la cassiera scannerizza, senti solo il “bip”, al massimo ti rivolge la parola per dirti “ha la tessera?”, che più che una cassiera sembra un controllore del treno, non ti dice quanto hai speso, ti fa un cenno col capo e ti indica il display della cassa, con un altro cenno ti indica che devi inserire il codice bancomat, tu tiri fuori il mazzo di carte, le strizzi l’occhio e storgi la bocca…hai pescato l’asso e il tre di briscola…che culo.

Per i più tecnologici esiste la cassa automatica, che la maggior parte delle volte è di gran lunga più simpatica della cassiera umana: compri settecento articoli e per evitare la fila decidi di affidarti completamente alla tecnologia. Impieghi circa ventidue minuti per passare tutti gli articoli sotto il lettore, anche perchè nel sessanta percento dei casi l’apparecchio non ti legge il codice a barre. Hai sudato come un porco, ma ce l’hai fatta, stai per confermare l’importo….ma…Rilettura. No cazzo, la rilettura no. Ti si avvicina un commesso bassino e in doppiopetto, che sul momento pensi “…ma stai a vedere che l’hanno veramente condannato a svolgere lavori socialmente utili” (questa arriva con calma…ma arriva). Finito il controllo la voce metalica ti dice cortesemente di inserire la carta di credito o bancomat, ti invita a digitare il pin. Errato. Secondo tenativo. Errato. Eppure il codice è giusto, riproviamo. Si blocca la carta. Arriva un addetto alla sicurezza, tu stai schiumando, nel frattempo passa il vecchietto che ti aveva chiesto la pasta, accompagnato dalla badante rumena, lui ti guarda, sorride e alza il dito medio.

L’unico momento di umanità che esiste ancora nel supermercato è al banco gastronomia/salumeria.

Arriva quello col camice bianco e i guanti, che fa un po’ “analisi del sangue”, ma ti sorride e forse è simpatico.

Tu ordini un etto di prosciutto e lui ti fa sempre la stessa domanda “quale? da venti euro al chilo, trenta o quaranta euro?”, che te pensi….”cazzo, ma per un maiale intero devo ipotecare la casa?”. In quel momento capisci che ti sei sbagliato, l’infermiere che ti guarda al di la del bancone non è simpatico per niente. Ovviamente, opti per quello da trenta, la classica via di mezzo, non fai la figura del barbone e non ostenti ricchezza, anche perchè le ultime monete che ti restano sono quelle dell’applicazione di “Slot Mania”. Mentre il chirurgo affetta il tuo prosciutto, arriva quello senza numerino…”ah…mi dia un bell’etto di prosciutto magro, quello dell’ultima volta…”. Ti volti e lo incenerisci con lo sguardo…”senti ciccio, è più di mezz’ora che sono qui a parlare con i cacciatorini e mi vuoi passare avanti?…e soprattutto, saranno venti giorni che non vieni a comprare gli affettati e ti illudi che il Dottor House qua,si ricordi cosa hai mangiato l’ultima volta?”. Lui ti guarda esterefatto “ah ma c’era il numero?” Alzi lo sguardo e gli indichi un display grande quanto quello di Time Square a capodanno, Nel frattempo Grey’s Anatomy ha finito di affettare. Casualmente si è distratto e ha fatto un etto e mezzo…”che faccio? lascio?”. Eh no, caro il mio medico in famiglia, non lasci, togli quelle cazzo di fette e aspetti che passi il nonno della cassiera, che se ti dice bene, magari le mette nel minestrone.

P.s. Ovviamente la parte sugli anziani è un’esagerazione voluta. Quando mi chiedono la pasta la prendo sempre e li aiuto anche riportare il carrello a posto…ovviamente tenendomi l’euro. 🙂

Fate il vostro gioco.

Composite

Oh, svegliati, che aspetti?…la partita è iniziata.
Hanno distribuito le carte, è la prima cosa da fare, la più semplice, ma ora viene il bello, ora è il tuo turno.
Che fai?, sbirci le carte degli altri?, fregatene delle carte degli altri, tu concentrati sulle tue.
E non stare lì a lamentarti sempre, e non ripetere che quelle degli altri sono migliori, che le tue fanno schifo, che sei stato sfortunato, che quasi quasi potresti anche provare a barare un po’, tanto… chi vuoi che se ne accorga.

E invece magari se ne accorgono o magari la farai franca, ma poi…dimmi come diavolo farai a guardarti allo specchio. Si perchè tutti i punti che farai dovranno essere meritati. Solo così avrai vinto veramente.

Si, ma muoviti, non stare lì a girati e rigirarti le carte fra le mani, tanto non cambiano mica, l’unica cosa che puo’ cambiare è il tuo modo di vederle, è il valore che puoi dare ad ognuna di essa. Ma questo puoi farlo solo tu, io posso solo continuare a martellarti e romperti le scatole all’infinito, ma niente di più. D’altronde il compito di noi antipatici spronatori rompicoglioni è questo.

Come dici? hai paura a buttare giù una carta? Bravo, pensi di essere l’unico in questa stanza ad avere paura?, sei convinto che quelli che hanno giocato prima di te non l’avessero?, ne avevano eccome. Una paura fottuta. E gran parte di loro, moltissimi direi, hanno rinunciato, hanno detto “io mi ritiro, che sto bene così”. Ecco, guarda. Guarda la fine che hanno fatto. ti sembrano felici? Si?. Balle. Non sono felici, sono rassegnati, omologati, pieni di “se avessi fatto…se avessi detto”. E tu vorresti vivere così?. E me lo chiami vivere questo? E poi, tu non sei “la maggior parte delle gente”, tu sei tu.

Perciò finiscila di morderti il labbro e gioca quella cazzo di carta, che non possiamo stare qui in eterno, oh, ho una famiglia anch’io, che ti credi. Dai, signorino, tira.

Che significa “mi prenderanno in giro”?, che rideranno di te? E’ questo che ti spaventa?, fregatene e ridi con loro, credi che loro non abbiamo mai sbagliato? che nessuno li abbia mai presi per il culo almeno una volta nella vita? e se fosse una volta sola sarebbero comunque dei miracolati. Le persone che rideranno di te ci saranno sempre, tu lo sai, ma ci saranno altrettante persone che rideranno di loro. Ed io, sinceramente non sono così convinto che loro lo sappiano.

Dai è il momento. Gioca la carta e credi sempre in lei, difendila, perchè lei ha solo te, tu sei l’unico che potrà portarla fino in fondo e una volta arrivati, insieme potrete dire “ce l’abbiamo fatta”.

Ohhh bravo, ci sei riuscito. Ora la tua carta è sul tavolo. Visto? non è stato poi così difficile, se è giusta o sbagliata lo sapremo solo alla fine della partita, per ora l’unica cosa che sappiamo è che quella carta è tua e hai delle responsabilità verso di lei. Non permettere a nessuno di provare a farti cambiare idea, è li che ti guarda, proteggila, passo dopo passo, all’inizio sarà dura, ma con il tempo ti convincerai che non avresti potuto scegliere una carta migliore di quella, nessuno dovrà mai sostituirla con la propria. Ora finalmente sei della partita. Sicuramente, vada come vada, alla fine avrai giocato. E questa è la cosa che conta davvero.

Ora posso andare, se avrai bisogno di me , mi troverai al solito posto, un palmo sotto all’anima a godermi le meritate ferie. Che noi carogne ci stanchiamo molto.

Datti da fare adesso e dimostra a tutti che sei un vero giocatore.

Perchè se dopo dieci minuti che giochi non hai individuato “il pollo”….significa che sei tu.

The VERSATILE BLOGGER awards

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Allora, questa proprio non me l’aspettavo: mi giunge un messaggio di una persona che non conosco, o magari la conosco ma qui non so chi sia (potenza del “nickname”), insomma, mi comunica che mi ha nominato al Versatile Blogger awards. Sinceramente in questi casi i termini inglesi mi spaventano un pò, vedi “service tax”. Ok, lo spirito del bradipo che risiede dentro di me mi fa pensare “ma si….cazzomene (come dicono i giovani d’oggi e la mia amica/collega Gnappetta..eh..ai miei tempi invece…), sarà una nuova catena del tipo…manda questo messaggio a tutti e riceverai la grazia da Napolitano…”, invece ho fatto uno sforzo sovrumano e sono andato a vedere che cosa fosse questa diavoleria….
Sembra incredibile, ma è una cosa buona (e nel mio caso probabilmente ingiusta), perciò non mi rimane che ringraziare la mia neo amica mimivitale (che tra l’altro ha un blog da incorniciare), per il magnanimo gesto…(oh, speriamo sia tutto gratis).

Detto questo, seguo le istruzioni e proseguo nell’opera di divulgazione, anche perchè avere una “grazia in bonus” può sempre servire, in caso contrario c’è la corte di Strasburgo/Edimburgo/Pietroburgo e Borgo a Buggiano, vado quindi ad illustrare le regole d’oro:

Le regole per accettare questo award sono le seguenti:

– Pubblicare il logo che vedete riportato all’inizio di questo post
– Ringraziare il blog che vi ha nominato
– Pubblicare i nomi degli altri 15 blog che dovete scegliere e ovviamente informarli tramite un commento
– Scrivere 7 cose su di voi

Questa è la mia “golden list”:
http://italianamentescoretta.com/
http://grimoriodellastrega.wordpress.com/
http://viaggioperviandantipazienti.wordpress.com/
http://siamosolostorie.wordpress.com/
http://sguardiepercorsi.wordpress.com/
http://bonificiesogni.wordpress.com/
http://farefuorilamedusa.com/
http://signorasinasce.wordpress.com/
http://bisus.it/
http://ludmillart.wordpress.com/
http://comesedicessiacqua.wordpress.com/
http://tuttolandia1.wordpress.com/
http://lavitadicri.wordpress.com/
http://ladisoccupazioneingegna.wordpress.com/
http://ecodelvento.wordpress.com/

Eccoci….il grosso è fatto (come disse la mamma di Ferrara dopo aver partorito)…adesso…7 cose su di me…no, non suggerite…le so, le so…fidatevi…

1) Sto mangiando un biscotto del Mulino Bianco per avere la forza di arrivare al punto 7, però Banderas mi sta antipatico.
2) Sono una persona che si contraddice spesso.
3) Sono una persona che non si contraddice mai.
4) Sono figlio unico e nipote unico, ma mia nonna prima di indovinare il mio nome rammentava tutti i parenti fino al quarto grado.
5) Non mi piacciono le grandi città, ma se avessi i soldi per vivere a Dubai…bhe…potrei sacrificarmi.
6) Il mio sogno erotico è fare l’amore con la moglie di Walter Mazzarri…possibilmente durante uno Juve-Inter.
7) Non mi fido delle persone che mi parlano senza guardarmi negli occhi.

P.s. Aggiungo ai ringraziamenti per la nomination (altro termine inquietante) anche Lunatica. Da grande vorrei un blog come il suo, e la mia nuova, ma importante amica Nichirenelena. Abbiamo più cose in comune di quanto lei possa immaginare.

Donne che sorridono

sorriso occhi

 

Come l’odore lasciato da un temporale, il silenzio di una sera di fine Marzo, il regalo più bello per gli occhi di chi osserva sono le donne che sorridono con il cuore.

Quel sorriso è una coperta che nasconde il passato, i dolori non si dimenticano mai del tutto, ma almeno durante quei secondi infiniti, si allontanano un pò e smettono di graffiare le pareti dello stomaco. Perchè le donne sanno rinascere, in qualche modo ci riescono sempre, anche quando non vogliono farlo.

E poi le vedi, il loro viso si rilassa, le labbra si espandono e ti accorgi che qualcosa sta salendo dalla terra, le pervade e gli occhi si dilatano per accogliere tutta la forza di quel sorriso.

E tu che guardi distratto realizzi la potenza di quel miracolo.

Si perchè quel sorriso, le donne, se lo sono guadagnato, hanno dovuto ritrovare tutti i piccoli pezzi lasciati in giro per la vita, hanno superato sofferenze che nessuno mai potrà comprendere fino in fondo ed ognuna di loro è stata costretta a dimenticare qualcosa, una maledettissima cosa che proprio non ne voleva sapere di passare.

Perchè tutte, indistintamente, almeno una volta nella vita, anche solo per un istante lungo un secolo, magari riuscendo a nasconderlo, si sono ritrovate ad odiare un uomo.

E lì, in quel preciso istante, vi siete difese, ognuna a vostro modo, alcune avete sopportato, perchè quando una donna ama sopporta, per il bene dei figli, per quello del vostro compagno, perchè in quella storia avete investito tutte voi stesse e ci avete buttato dentro talmente tanto cuore che sarebbe impossibile riprenderselo tutto e andate avanti e vi ripetete che alla fine state bene anche così.
E il mare sotto di voi si alza di un centimetro.
Altre si sono ribellate, hanno chiuso porte, evitando di rimanere incastrate in altre storie, convinte che evitare sarebbe stato sempre meglio di soffrire, sono salite in sella e hanno iniziato a guidare che tanto loro non hanno bisogno di nessun altro, che se la sanno cavare da sole, che la casa vuota e silenziosa non era poi così male, anzi, che si erano abituate a quel vuoto
E le pareti si stringevano di un metro.

Ma siete cresciute, passo dopo passo, per quell’istinto che solo voi avete, di non stare troppo a crogiolarvi nel dolore, che poi magari uno ci si abitua e non lo sente neanche più.

E alla fine è successo. Siete riuscite a sorridere con il cuore ed è iniziato il percorso della vostra nuova vita. Non sorridete per compiacere qualcuno, sorridete per voi, perchè avete imparato ad amarvi di nuovo e ve ne fregate dei giudizi, vi rispettate e niente e nessuno potrà mai cambiare questa condizione, la vostra consapevolezza sarà la prova inconfutabile di ciò che siete riuscite a diventare, potrete subire ancora e soffrire ancora e odiare ancora e incazzarvi ancora, perchè tutto questo fa parte dell’animo umano, ma lo farete con la certezza di non essere inferiori e se accetterete compromessi sarà solo una vostra decisione.

Più di qualunque meraviglia esista in natura, le donne che sorridono con gli occhi ti tolgono il fiato.
E chiunque le incontri dovrà prendersi cura di quel sorriso, perchè se lo sono veramente guadagnato.

Il mio trono per…una tacca

segnale

Ok, sono tornato dalle vacanze, (poi vi racconterò in un apposito post tutti i dettagli), non sono andato in un eremo sperduto o in una grotta senza fine, bensì in una ridente località turistica, dotata di tutti i comfort, tranne uno, un piccolissimo, quasi insignificante dettaglio. Non c’era la connessione internet. E non parlo solo di collegamento wi-fi, ma proprio assenza totale di una qualsiasi forma di “tacca”, “lineetta” o rigurgito di connessione, solo una scritta irritante, prepotente e fancazzista. “Nessun servizio”.

Ecco, ora è giunto il momento di fare un piccolissimo escursus del mio trascorso internettiano.

Era il lontano 1982 e mentre Dino Zoff in Spagna alzava la Coppa del Mondo io sul divano di velluto di casa alzavo al cielo il mio Commodore 64. Da li è stata una excalation di computer da salotto, camera, garage e doppi servizi (termo autonomo).

L’avvento di internet ha fatto il resto. L’apoteosi assoluta. Con internet ci fai tutto, E’ una sorta di oracolo onniscente digitale, offre tutto quello che c’è da sapere e anche una valanga di cose inutili che forse sarebbe stato meglio ignorare.

Sento il bisogno impellente di fare una doverosa distinzione fra: AVERE internet e ESSERE su internet. Ad una prima rapida e superficiale occhiata potrebbero sembrare vagamente la stessa cosa. Ma non è così.

Avere internet significa avere una connessione,, visitare siti interessanti, culturali, culinari o culi…e basta, ti scarichi un paio di video, leggi qualche articolo e magari impari pure un nuovo congiuntivo.

Essere su internet invece implica avere una vera e propria vita parallela in cui puoi condividere contenuti, commentarli, mettere qualche “like” a casaccio, socializzare con altri utenti, esprimere giudizi ed elargire pillole di saggezza…e magari in alcuni casi, ricordarsi di cancellare la cronologia.

Sarei pronto a giurare che la maggior parte dei miei piccoli lettori si identifica nella seconda categoria (cronologia a parte).

Si sta parlando semplicemente di vita parallela, niente di più. All’interno del selvaggio web ci sono persone che impostano questa “second life” in modo nettamente diverso da quella reale e altri che la mantengono perfettamente uguale. Per quanto mi riguarda, il mio alter-ego virtuale ha cambiato innumerevoli personalità digitali, ma non è completamente colpa mia, sono (tecnicamente) un insicuro cronico, ho passato la fine della mia adolescenza con gli assurdi rumori del modem a 64k nelle orecchie. E questo non mi ha certo aiutato.

Insomma, una volta che possiedi questa vita parallela non puoi fare a meno di controllare quello che si dice su di te, se qualcuno ha considerato, anche solo di sfuggita, il tuo ultimo post/commento (si, perchè noi insicuri abbiamo sempre bisogno di conferme, perciò…non vi risparmiate mai) o sugli ultimi sviluppi dei cuori infranti (leggi cornificati). Una volta che entri a far parte di questo Mc Donald’s vituale, non potrai più fare a meno di guardarti intorno e magari dire la tua ti sembrerà la cosa più naturale del mondo.

Ed ecco che ti ritrovi in un villaggio vacanze, a fare acrobazie per trovare uno straccio di segnale e giuro, sei disposto a tutto pur di trovarlo, così passi un paio d’ore, generalmente dalle 21:30 alle 23:30 a camminare come un rabdomante lungo il bordo della piscina completamente al buio, perchè la leggenda narra che lungo quello specchio d’acqua artificiale esista una remota possibilià di connetterti con il mondo esterno e riappropriarti del tuo alter-ego virtuale. Sei disposto a farti spolpare vivo dalle zanzare e a sopportare un tasso di umidità che si potrebbe sbucciare come una mela. Risultato: ti ritrovi dopo poco quasi dissanguato e pieno di “zanzaresche” bolle e con la sensazione che ti abbiano piantato un paletto nel collo che sbuca direttamente dal….ok sorvoliamo, sennò poi mi accusano di essere volgare.

Ma passano un paio di giorni e, senza accorgertene, ti stai disintossicando, oggi non hai controllato la posta e…caz…volo, ieri non hai neanche aperto facebook, oddio ti daranno per disperso, magari prima di andare a dormire ti fai la tua solita passeggiatina e scrivi una cazzata (oh, dai..una fatemela dire) qualunque per non essere definitivamente dimenticato. E invece, la passeggiata la fai, ma cazzeggi con un animatore che neanche conosci e che ti offre una Marlboro light, e sarebbe veramente un peccato non accettarla, anche perchè le Marlboro tra un pò, non potrai più neanche permettertele.

Alla fine, sono passati pochi giorni, ma ti fa un certo effetto tornare a casa e trovare la tua fedele connessione che ti aspetta scodinzolante. Puoi riprendere ad andare virtualmente per lande sconfinate, ma non ne hai voglia, esci in terrazza e tiri fuori il pacchetto bianco e dorato che hai fregato all’animatore. E ne accendi una.

Realizzi che forse eri arrivato al punto di curare più la tua presenza “on the web” piuttosto che quella fisica.

E in questo c’è sicuramente qualcosa che non quadra.

Comunicazione di servizio…inutile

Fermi fermi…ho trovato due tacche di connessione…sono in piedi sulla tazza del cesso con la mano sinistra in alto che funge da antenna. Se mi vede qualcuno mi ricoverano alla neuro… Mi toccherà scriverci un post… ‪#‎vacanzealternativeabbestia

È solo per dire che non mi manifesto da un pò di tempo in questi luoghi, ma sono (immeritatamente) in vacanza, senza un briciolo di connessione quindi (forzatamente) isolato. Che a pensarci bene non è neanche così male. Ma non illudetevi fra qualche giorno torno…e ora via con i “chissenefrega”

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