Caterina chiusa a chiave.

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Caterina guida verso casa, si accende una sigaretta e prende fra le mani la sua vita.

Caterina tiene i sogni di bambina chiusi a chiave sotto al respiro, alla radio un blues di mezzanotte accompagna pensieri e solitudi d’amianto, lei ingoia chilometri e lacrime di malto e miele, stringe nelle mani vene di sentieri e giorni persi, acqua di saliva nella gola come rapide tumultuose, che non ti salvi, che più ti agiti e più vai a fondo. Nel bagagliaio nasconde amori persi e delusioni, come una contrabbandiera di sogni infranti.

Vive Caterina, lo fa da oltre quarant’anni, ha oltrepassato il tempo delle promesse, dei sussulti di ragazza, dei biglietti che profumavano di speranze e sogni rosa, adesso ha bisogno solo di certezze, di qualcuno che la sappia amare senza inganni, qualcuno a cui poter dire “voglio un po’ d’aiuto anche per me”. Ne ha viste passare di persone, ha dissetato desideri altrui, ha lasciato svanire visi salutandoli senza rabbia, come a dire “abbi cura di te”. E ogni volta era un nuovo sole nero messo a lutto.

Non si arrende Caterina, punta tutto sulla vita, guarda ancora con invidia gli amanti di quartiere, quelli che si baciano lungo i muri, che mordono carezze e cornetti alla crema. Sorride, perché sa che se ci pensa e prova invidia significa che riesce ancora ad amare.

C’è sua madre che l’aspetta, con un gatto e un sospiro, farà domande da copione, avrà risposte sempre uguali “stai tranquilla, io sto bene, però adesso lasciami andare, che se faccio tardi non mi so svegliare”, mente bene Caterina, chiude a chiave e lascia fuori il suo gatto, la sua spada e i sospiri di sua madre.

Caterina è quella forte, quella che non si vende per amore, che se ne frega di avere un uomo a tutti i costi, che la sua vita vale più di un’esistenza passata ad elemosinare felicità, Che per buttarsi via basta un secondo e un eterno a ritrovarsi. Lei non si stanca di lottare, ha sguardi chiari come i pensieri, continua ad asciugarsi lacrime di vibrazioni nude dalla fronte, affronta giorni di pugni serrati lungo i fianchi, quando la disperazione azzanna più forte fra il collo e la spalla. Attraversa notti con un freddo assordante nel letto e una grandine di cuore nel petto. Notti in cui darebbe l’anima per trovare qualcuno disposto a comprare la sua infelicità.

Caterina guida piano verso casa, un mare in bufera lungo la strada, un blues di mezzanotte dentro la radio, i sogni di bambina sotto il respiro. Tutto celato dietro la sua porta, nascosto agli occhi del mondo, quel mondo che la vede sicura, intraprendente, armata fino ai denti di sorrisi e buoni propositi, che la guarda libera e raggiante mentre parla di Berlino, di viaggi, di persone sconosciute, di amici incontrati per strada e persi lungo il cammino. Quel mondo non deve vedere l’urgenza del suo cuore, non deve sapere che lei è Caterina. Caterina chiusa a chiave.

La forza d’animo dei saggi non è altro che l’arte di tener chiuso nel cuore il proprio turbamento.(François de La Rochefoucauld – Massime).

In realtà ho mentito, dalla radio non usciva un blues…Dying Day – Brandi Carlile

Eccomi qua, non sono solo, insieme a me ci sono i miei personaggi strampalati, vogliamo ringraziarvi per tutto quello che ci avete dato in questo anno, per come ci fate sentire. Perché ci siete. Il nostro augurio è che ognuno di voi possa trovare ciò che sta cercando, già, perché forse tutti stiamo cercando qualcosa, talvolta senza un vero motivo apparente, talvolta, abbiamo solo bisogno di farlo.

Giulia degli abissi.

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Eccola Giulia che viveva in fondo al mare, venuta a galla per riuscire a prender fiato, che aspetta senza fretta che arrivi la sua maledizione.

Giulia ha avuto notti senza sogni, ha aspettato carezze mai arrivate, elemosinando briciole di sguardi, ha avuto amori devastanti, di silenzi smisurati, che laggiù in fondo al mare se apri bocca puoi soffocare. Giulia si è fatta crescere le spine intorno al cuore, che alla fine è l’unico modo per difendere la sua illusione di essere felice. Giulia che vedeva in quelle profondità la sua vita che svaniva su marciapiedi addormentati.

Giulia che sogna amori travolgenti, quelli fatti di treni che non partono, quelli da baciarsi sui ponti la sera, da lasciare in giro emozioni sparse qua e là. Amori di “camminami nel cuore”, di “tienimi vicino quando ti voglio allontanare”, di lenzuola sopra il viso, carezze date a voce, sogna montagne da scalare tenendosi per mano, che una vita di pianure non ti fa sentire viva, sogna passioni sviscerate come panni stesi al sole e pianti senza fine da sfogare negli abbracci. Sogna vite in parallelo che si guardano nell’anima.

Ma rimane nel suo mondo, che la terraferma fa paura, meglio deserti in movimento, che nelle tue profondità ci sono solo insidie conosciute. Meglio muoversi in disparte, con bracciate più rabbiose. Meglio vivere sott’acqua che se piangi non si vede.

Giulia che nuota fino a riva e che prova a camminare, Giulia sorride fra la gente e cerca un sogno preso a rate, lei parla poco e in silenzio si ripete “non scordarti mai il dolore che hai provato”. Ma il tempo scorre piano e cancella le ferite e non ci sono più le spine intorno al cuore, prova a mettere da parte la sua esistenza negli abissi, si è strappata vie le squame per non farsi intercettare, apre bocca e non affoga e soffia fuori le parole, prova a fidarsi della gente, forse non farà poi così male, i suoi venti di bufere hanno cambiato direzione.

Giulia che si imbatte in due occhi di rincorse a perdifiato, che si lascia abbandonare da sussulti di risate, quella voce cura il male di una vita di paure, quelle braccia sono rami su cui potersi addormentare. Le parole sono quelle, i sospiri di rugiada, era quello che sognava al di là dei suoi pensieri. Era quello che voleva, le sue preghiere esaudite, il dio del mare questa volta si era mosso a compassione.

Giulia vive ed è felice ha ripreso anche a nuotare, lui le dice “andiamo sotto che ci sono meraviglie”, lei si convince che sia giusto che stavolta non farà male, guarda il cielo e prende fiato e si immerge fra le onde, sicura di aver trovato il suo paradiso da baciare.
Eccola la sua maledizione!

Adesso Giulia è alla deriva, lei si è persa nei fondali, sta vagando alla ricerca di uno strapiombo in cui sparire, i suoi sorrisi frantumati e la sua anima essiccata.
Son passate le stagioni, ma sulla spiaggia è tutto uguale, i mercati e le balere, ma nelle sere tempestose qualcuno parla ancora di Giulia, che viveva in fondo al mare.

“Devo essere una sirena. Non ho paura della profondità e ho una gran paura della vita superficiale. “(Anaïs Nin)

Per tutte le sirene che si ostinano a sognare. (Sirens – Pearl Jam)

Un regalo fastidioso. Pubblicità Regresso.

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Allora, come dire…avrei fatto una cosa, no, niente di illegale (spero), insomma…lo dico?….ok, lo dico: ho pubblicato un ebook ahahahah, sì, anch’io ho avuto la vostra stessa reazione. Prometto solennemente che non andrò dalla Clerici, vestito da massaia a preparare il petto di pollo in agrodolce. Giuro.

Non è un romanzo, è solo una raccolta di post, il motivo? Boh.

L’ho fatto solo per aiutarvi con i regali di Natale a quelli che vi stanno antipatici, avete presente quei parenti insopportabili ai quali vorresti far loro un regalo fastidioso? Eccolo qua!

Questo è il link incriminato: http://www.amazon.it/PINOCCHIO-NON-CE-PIU-pensatori-ebook/dp/B00QQWH0PY/ref=sr_1_fkmr2_3?ie=UTF8&qid=1418126460&sr=8-3-fkmr2&keywords=Pinocchio+non+c%27è+più

Cesare perduto nella pioggia.

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Cesare è seduto in veranda e fuori piove, Il sigaro cubano sta morendo nel posacenere insieme ai suoi pensieri.

Cesare che suona il pianoforte in una stanza chiusa, dedica canzoni improvvisate ad un’amante di vent’anni fa, perduta tra gli incroci della vita. E sorride quasi assente delle immagini che si affacciano alla mente, mentre corrono le dita fra le note in bianco e nero.
Lui scorre con le mani e torna al primo giorno, in un vento di novembre che pioveva a perdifiato, la intravide lì sul molo la sua donna dei sospiri, sarebbe stata per dieci anni la sua “sposa del vento”.

Furono anni senza sosta, di un amore per cui lottare e quei giorni come artigli li ritrova tatuati sulla schiena della sua anima irrequieta.
Furono istanti da succhiare, da lasciarsi trasportare, di rugiade sulla lingua.
E ricorda Cesare, le parole dette piano, le carezze a mezzanotte, le risate su in terrazza, alle soglie di una notte da baciare. E ricorda e sorride e suona perso nei pensieri. Quei tasti sfiorati lievemente regalano arpeggi di emozioni.

E tornano alla mente i passi leggeri e trasognanti fra i giardini di Granada, lo stupore e il cuore in gola per le strade di Lisbona, i profumi e gli acquazzoni di una chiesa a Barcellona. Sempre tenendosi per mano.
E ricorda la sua fine senza addii, senza poterla salutare, senza dirle “resta ancora, giusto il tempo di una vita”. Lei svanì senza un motivo, lasciò solo due righe scritte a mano fra il centrotavola e il caffè “le storie d’amore devono finire finché ci amiamo davvero, perché solo così continueremo ad amarci per sempre”.

Cesare respira nella pioggia di Novembre, il sigaro cubano ormai è solo cenere, l’odore delle note al pianoforte si ostina a complicare l’aria del tramonto. Lui sorride con lo sguardo alla vallata, vede squarci di giornate ormai lontane, ma in fin dei conti, gli anni sono solo dei momenti. Tu sei sempre stata qui davanti.

Inizia a fare freddo lì in veranda, adesso è tempo di rientrare.

“Non piangere perché qualcosa si è conclusa, sorridi perché è successa” Gabriel G. Marquez.

Perchè ognuno ha la sua storia ed un ricordo suo soltanto. The Story – Brandi Carlile