Lettera aperta per andare più in alto.

“Caro Babbo Natale, non sono qui per chiederti giocattoli o cose simili, ti scrivo solo per sapere se hai voglia di aiutarmi. Ho bisogno di andare in alto, ma molto eh, tipo gli scalatori sulla vetta della montagna. Solo che io ho cinque anni e proprio non ce la farei a scalare una montagna, quindi ho bisogno del tuo aiuto per trovare una soluzione. Ho iniziato con le sedie, poi sono passato alle scale, il prossimo passo sarà raggiungere il tetto di casa, ma so già che non mi basterà. Per fortuna il babbo si preoccupa ma non mi impedisce di salire. Lo faccio con qualsiasi cosa che vada verso l’alto e che sia all’aperto.

Il babbo ogni volta mi guarda, sorride sapendo già che non mi basterà, ma lo chiede ugualmente.

– Giovanni ci siamo? Sei abbastanza in alto?-

– No babbo, devo andare più su, da qui è inutile-.

– Hai ragione, è inutile, troveremo qualcosa di più alto.-

Ma non è mai abbastanza, quindi ho davvero bisogno del tuo aiuto.

Ah sì, un’altra cosa, se ci riesci, potresti portare qualcosa anche per il babbo? Qualcosa che lo faccia sorridere un po’. Cioè, quando stiamo insieme ci prova a farlo, ma si vede bene che non gli viene naturale. Io faccio finta di crederci per non farlo rimanere male, ma non so quanto funzionerà ancora.

Lo so che il mese scorso ho detto vaffanculo a Matteo perché mi dava le schicchere all’orecchio mentre la maestra ci insegnava le canzoni di Natale, ma per questa volta fai finta di niente, per favore.

Ti abbraccio forte.

Giovanni”.

“Caro Babbo Natale, oggi è il 26 dicembre, lo so che ormai non posso più chiederti niente, infatti ti scrivo solo per ringraziarti. Non so come hai fatto e non lo voglio sapere, ma sono sicuro che tu e il mio babbo vi siete incontrati. Ieri mattina mi sono alzato prestissimo per andare a scartare i regali, in mezzo a tutti quei pacchi c’era una busta con scritto “Per Giovanni da parte di Babbo Natale”. L’ho aperta e dentro c’erano due biglietti aerei per New York.

Sul momento non ho capito, ho guardato il babbo, lui mi ha sorriso dicendomi:

– In quella città ci sono grattacieli altissimi-.

Ho iniziato a urlare e a rotolarmi per terra come fa il babbo quando fa gol Cristiano Ronaldo.

Siamo partiti e adesso ci troviamo a New York, io e il babbo e ci siamo stati, su uno di quei grattacieli altissimi. Ho scelto il più alto di tutti, ho preso il babbo per mano e ho detto:

– Questo babbo! Questo è perfetto!-.

Siamo arrivati fino in cima, fino sul tetto, più alti di tutti, di qualsiasi cosa alta avessi visto in vita mia. E allora ho guardato verso il cielo, sembrava di poterlo toccare da quanto era vicino. Mi sono portato la mano sulle labbra e ho mandato un bacio in un punto preciso di quell’infinito.

– Che dici babbo, questa volta le è arrivato il bacio alla mamma, vero?-.

– Sì Giovanni, questa volta sì.-

– Grazie babbo, ora possiamo tornare a casa.-

Ah quasi dimenticavo, grazie anche per aver portato il sorriso al babbo. Questa volta si vedeva bene che non stava di fingendo.

Ciao Babbo Natale, riposati, noi ci sentiamo l’anno prossimo.

Un abbraccio enorme.

Giovanni”.

(La storia è vera, il bambino non si chiama Giovanni e queste parole sono dedicate al suo babbo, anche se dubito che le leggerà).

Vent’anni in mezzo al temporale.

Senti scusa…scusa eh, non sai mica quando passa il prossimo? Di treno, intendo, Sì, insomma, un treno qualunque, non importa la direzione…non importa. A sud…a nord…non importa. Devo prenderne uno, uno qualunque e scorrerlo tutto, vagone per vagone, posto per posto. Faccia per faccia. Devo scorrerlo tutto perché…perché lei non scende mai dal treno e se lo fa…sì insomma…se lo fa è solo per salire su un altro. Lo so che sembra assurdo ma saranno passati vent’anni, sì, più o meno e non ho smesso di cercarla. Ogni giorno, tutti i giorni, uno dopo l’altro, fino a diventare vent’anni, più o meno. E fra vent’anni sarò ancora qui a cercarla…Me ne stavo lì, no? Me ne stavo lì seduto accanto a finestrino a guardare ogni cosa là fuori, ogni cosa che correva via. Buffo no?, buffo come le cose corrono via e ci sfuggono dalle mani quando siamo là fuori. Sul treno invece…sul treno invece è tutto più lento. Tutto decisamente più lento. Me ne stavo lì a pensare alle cose veloci della vita quando sento qualcosa di strano nell’orecchio e dentro Cat Stevens che cantava “Sad Lisa”. E io mi volto di scatto, no? Mi volto e la vedo seduta accanto a me con l’altro auricolare nell’orecchio. Così, senza dire niente, se ne stava lì a occhi chiusi. “ti chiami Lisa?”, le ho detto, “che importanza ha?, che te ne fai di un nome nel bel mezzo di un viaggio?”, così mi ha risposto. E io non ho detto niente, no?, non ho detto più niente, però le ho preso la mano, già…le ho preso la mano…perché certi viaggi è giusto farli in due, è giusto così, no? Poi la canzone è finita. E lei si è alzata. “Come ti ritrovo?” le chiesto, “sul treno, uno qualunque. Niente stazioni, le stazioni sono per chi arriva, o per chi parte. Io sto già facendo il mio viaggio”. Così ha detto. Mi ha lasciato una foto, C’è lei, con un sorriso croccante, nel bel mezzo di un temporale, Ma un temporale vero, con i fulmini e tutto il resto, che quando mi capita di farla vedere c’è sempre qualcuno che dice “guarda che meraviglia di temporale”. Nessuno fa caso a lei, come se non ci fosse neanche in quella foto. E invece c’è. Mi ha lasciato la foto. E poi è andata via. L’ho vista dal finestrino che saliva su un altro treno e andare nella direzione opposta. Io l’ho cercata, ogni giorno, tutti i giorni, sono passati vent’anni, più o meno. Sono salito e sceso da ogni treno, li scorrevo tutti, vagone per vagone, posto per posto, faccia per faccia. Sono salito sull’ultimo vagone, ho passato tutto il treno, tutti i treni, dall’inizio alla fine, ho guardato centinaia di facce, una per una, mentre cantavo Sad Lisa. Erano tutti impazienti di arrivare, nessuno che facesse caso all’istante che stavano vivendo. Erano tutti attesi, o in attesa. E’ questo che facciamo, no? Passiamo il tempo ad aspettare o a essere aspettati da qualcuno. Ma nel bel mezzo del viaggio siamo soli e questo ci spaventa. E allora ci illudiamo un po’, no? se non abbiamo nessuno in attesa o da attendere e magari prendiamo un treno, così, tanto per vedere il mondo fuori che si muove. Ma io no, io salgo sul treno, su ogni treno che riesco a prendere e inizio a cercarla, scorrendo tutti quei visi, in ogni vagone. La cerco più che posso, come un coglione, ogni giorno, uno dopo l’altro, fino a diventare vent’anni. E non importa se nessuno riesce a vederla in quella cazzo di foto, Io non smetterò di cercarla. Perché ho ognuno ha il diritto di rivederla almeno una volta la forma della propria solitudine nel bel mezzo di una meraviglia di temporale. – Senti..scusa eh, scusami se ti ho annoiato, ti lascio qui ad aspettare, io ora devo salire sul treno.