Dai cazzo !

cambiamento

In questi giorni sono nervoso. Ho preso una decisione che stravolgerà la mia vita lavorativa, Sarà giusta o sbagliata? Lo scopriremo solo vivendo.

Vi dico questo perchè sono un uomo e noi uomini siamo nervosi a modo nostro.

Abbiamo bisogno di  chiudersi in noi stessi, immaginarci scenari apocalittici e vagliare tutte le alternative possibili, di solito, tutte negative. I cambiamenti ci spaventano, anche se quello che abbiamo non ci fa stare bene, non ci rende indipendenti ed economicamente non ci fa vivere sicuri, la sola idea di rischiare e tentare un “svolta” ci spaventa a morte. Dobbiamo vivere momenti sottovuoto, lontano da consigli e critiche, restare noi e la nostra inquietudine e, diciamolo pure, ci piace anche un po’ sguazzare nei nostri labirinti mentali. E poi, un uomo tormentato è affascinante da morire, confessatelo.

Si, l’idea del cambiamento ci isola, ma ci rende anche più fragili, siamo un fascio di nervi, ma ogni tanto usciamo dal nostro buen retiro e veniamo a cercarvi, per essere spronati, ricuorati, perchè se noi ci tormentiamo nell’incertezza voi avete il compito di dirci che andrà tutto bene, anche se non ne siete completamente convinte, anche se forse siete più preoccupate di noi e per noi, ce lo direte, lo fate sempre, proprio nel momento in cui ne abbiamo più bisogno, arrivate voi.

Ci aiutate a scegliere i vestiti giusti, che noi non siamo molto abituati a fare il giro dei negozi ed abbinare i calzini con la cravatta, Fate le facce buffe quando usciamo dal camerino e noi, come novelli “Pretty Men” sbuffiamo e non vediamo l’ora di indossare nuovamente i nostri jeans scoloriti. Ma sono momenti indimenticabili, perchè accantoniamo la nostra angoscia e voi diventate le nostre complici.

A differenza vostra, non ci confidiamo con i nostri simili e se lo facciamo usiamo comunque un filtro, non riusciamo ad essere imparziali e ad aprirci totalmente. E poi, di solito, i nostri simili hanno i loro bei problemi a cui pensare e con i quali tormentarsi e sono già a posto così. Probabilmente non siamo abituati a gestire questa condizione, non ci capita spesso di essere nervosi, o almeno, non a livelli eccessivi e anche se non lo ammetteremo mai, è veramente difficile starci vicino in quei momenti. Soprattutto se non siamo pronti a parlarvene, perciò lasciateci borbottare da soli, sospirare, rispondere con monosillabi alle vostre domande, non fateci troppo caso, saremo noi che verremo a cercarvi. E sappiamo benissimo che ci sarete, che troverete le parole giuste, che a noi basterebbe anche un “dai cazzo !”, ma voi andrete oltre, ce lo direte a modo vostro.

Perchè appena vi guardiamo sappiamo di aver trovato il nostro buen retiro.

Non so se la mia sarà la scelta giusta, se vincerò la mia sfida, sono nervoso, irascibile, distratto, sto creando scenari apocalittici, ma niente paura, è tutto sotto controllo. Sono un uomo.

“Una delle più grandi scoperte della mia generazione è che un essere umano puo’ cambiare la propria vita semplicemente cambiando il modo di pensare”. (William James).

Sul filo tra le mosche e il Jackpot.

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Un po’ di tempo fa un’amica mi ha parlato della sua “strana” situazione sentimentale: é decisamente interessata (a dir poco) ad un uomo e, da quanto mi ha raccontato la cosa sembra essere corrisposta.

Ecco, ora vi chiederete cosa ci sia di strano. Niente, se non fosse per il fatto che entrambi non si decidono a parlare apertamente.

Certo, la situazione è più complicata di così, lui non è libero, ci sono amici comuni o comunque persone che hanno legami affettivi da entrambe le parti. Ok, tutto legittimo, non si discute, ma il punto sul quale ho riflettuto in questi giorni è che queste due persone non sono le uniche che conosco che vivono fra “color che son sospesi”. Esiste uno stuolo di “vorrei ma non posso” o addirittura di “e se mi dice no?”. Ecco, quest’ultima condizione mi colpisce ancora di più.

Si, perchè se nel primo caso posso capire che ci siano situazioni in ballo che fanno (giustamente) da deterrente, nel secondo caso è decisamente uno stato di limbo che in qualche modo è quasi rassicurante.

Sono i classici atteggiamenti di chi si accontenta del premio di consolazione piuttosto che puntare decisi al Jackpot. Ci basta vedere l’altra persona per un aperitivo, un caffè veloce o una cena informale (se siamo più audaci). E’ un rituale fatto di sguardi, parole non dette, sorrisi innocenti che coprono gli slanci di passione. E allora finiamo per abbrarciarci come buoni (finti) amici quando si avrebbe voglia di baci sul collo, mani nelle mani, bocche incollate. Si, quello sarebbe il montepremi finale, ma abbiamo paura di non meritarcelo, è molto più tranquillizzante galleggiare sulla nostra barchetta piuttosto che immergersi per ammirare i coralli dei fondali.

Ma quanto è faticoso, quanto autocontrollo dobbiamo usare e soprattutto, quanto è soddisfacente un rapporto in questi termini?

Ci sono tantissime persone che realmente preferiscono non avere una risposta, che non si dichiarano apertamente perchè non si troverebbero a loro agio con un “no” (ma a volte anche con un “si”) come risposta. Già, perchè avere un responso è cosa impegnativa, qualunque esso sia. Comporta responsabilità o comunque un cambiamento deciso nei nostri comportamenti futuri. Far capire in modo chiaro (e possibilmente inequivocabile) i nostri sentimenti è un rischio altissimo, perchè certe parole non hanno vie di fuga e una volta messe sul piatto non possiamo ritirare la mano. Ormai ci siamo esposti, il re è nudo e non ci resta che trattenere il fiato in attesa che la corte emetta la sua sentenza.

La consapevolezza che dopo non sarà più niente uguale, è questo che ci spaventa maggiormente, non tanto il risultato, che sia una grande disfatta o un’esaltante vittoria, avremmo irrimediabilmente cambiato la nostra situazione. Ciò non significa che dobbiamo per forza perdere l’altra persona, sarà semplicemente cambiato il modo di rapportarsi, ci saremo tolti la maschera, cosa non da poco intendiamoci, e possiamo dire di essere stati onesti con noi e con chi ci sta di fronte. Una cosa piuttosto rara, ve lo assicuro.

Personalmente sono un pessimo equilibrista e non riesco a vivere a lungo nell’incertezza, l’autoflagellazione non mi appartiene, preferisco un doloroso rifiuto ad un fastidioso “chissà”. Se provo interesse per un’altra persona lo si capisce quasi subito, certo, vado per gradi, piccoli passi per sondare il terreno, ma alla fine…salto. E come tutti, non è il volo a preoccuparmi maggiormente, ma le conseguenze dell’atterraggio.

Si, lo confesso, forse sono un maledetto egoista, me ne frego di essere sereno, io voglio essere felice. Il premio di consolazione non mi consola affatto, voglio il jackpot, a costo di tornare a casa con un pugno di mosche.

In alcuni casi storie d’amore bellissime non nasceranno mai e rimarrano incarcerate nel “preferisco così”. E poi venite a raccontarmi che chi si accontenta gode.

Forse è proprio questo il grande male che schiaccia l’umanità: non il dolore, ma la paura che le impedisce di essere felice.
Sándor Márai

Il nostro George non beve caffè.

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I padri di oggi si vestono alla moda, son ragazzi cresciuti, con la barba strategicamente incolta, spingono passeggini variopinti e raccolgono migliaia di volte ciucci, scarpine, sonagli, pupazzi, cuscini e lattine di birra.

I padri di oggi fanno la gara delle tabelline e ci tengono a fare bella figura, ma su quelle del sette ogni tanto si perdono, ripassano i fiumi, gli egizi, i sumeri, il trapassato remoto e si sforzano di non ridere quando arrivano a Pipino il breve.

I padri di oggi conoscono la differenza fra bollitore e biberon, sono assaggiatori di minestrine, fanno l’aereoplanino con il cucchiaio simulando atterraggi di emergenza in bocche spalancate e vorrebbero intitolare una piazza all’inventore del bavaglino.

I padri di oggi tamburellano sulla schiena dopo la poppata, come fosse un djembe, tenendo il tempo come se stessero ascoltando Pour Some Sugar On Me dei Def Leppard e il ruttino entra perfettamente sulla rullata finale.

I padri di oggi spingono altalene e tornano a volare, sentono nuovamente il vento sulla faccia e lo stomaco che sale aspettando una spinta più forte.

I padri di oggi accompagnano i figli a scuola, sono sempre in ritardo, camminano veloci portando in spalla uno zaino niente male, imprecano, sbuffano, lasciano un bacio sulla guancia, si trattengono un attimo rubando un ultimo sguardo, tornano a casa fischiettando, chiudono il portone, si guardano allo specchio. Alcuni di loro hanno ancora lo zaino sulla spalla.

I padri di oggi si improvvisano ingegneri edili e fabbricano castelli di sabbia, spalmano creme protezione 50, fanno la spola ombrellone – bagnasciuga con un secchiello in mano, e si rivedono su una spiaggia che sembra ieri, certe volte sono ancora dei bambini con i braccioli.

I padri di oggi registrano la partita di champions per non perdersi l’esame di karate, sono agitati, incrociano le dita e trattengono il fiato sull’ultimo kata.

I padri di oggi non sono nostalgici, sono certi che i momenti migliori li stanno vivendo adesso, certo però che se vogliamo parlare di musica, non c’è scozzo.

I padri di oggi passano le notti facendo “le vasche” nel corridoio cantando Pippi Calzelunghe, con lo sguardo sognante, lo sbadiglio incessante e qualche strofa più bassa di un mezzo tono, ma sono sicuri che l’ascoltatore che stanno cullando non ci farà caso.

I padri di oggi scattano le pose con lo smatphone, ma non le condividono con nessuno, magari le usano come immagine per lo sfondo.

I padri di oggi sanno a memoria i palinsesti di Disney Channel, Boing, Super, Cartonito e il George che conosco loro non fa la publicità del caffè, ma gioca con Rebecca, Richard e Nonno Pig.

I padri di oggi sanno cambiare un pannolino con la stessa velocità dei meccanici ai box Ferrari con un treno di gomme. Spesso con risultati migliori e si stupiscono se qualcuno fa loro i complimenti.

I padri di oggi hanno il seggiolino in auto, le salviette sul cruscotto e guidano sbirciando i sedili posteriori dallo specchietto.

I padri di oggi ci stanno provando, ce la mettono tutta, nascondono le prove, odorano di bagnoschiuma, Armani uomo e latte cagliato. Spesso si sentono smarriti ed incapaci, combinano casini e alla fine chiedono aiuto.

I padri di oggi sono rilassati, per fortuna hanno sposato madri stupende.

“Non è difficile diventar padre; essere un padre, questo è difficile.”
Wilhelm Busch.

Un ringraziamento particolare a Ve lo dico in un orecchio per l’ispirazione. È sempre un piacere chiacchierare con lei.

Capovolgi Portofino e inizia a sognare.

A pensarci mi sembra impossibile, ma sono stato anch’io un bambino. E come tutti i bambini sognavo.

Tutti i miei amichetti volevano essere piloti di Formula Uno, perchè andare veloci era roba da grandi, roba da maschi, Fede voleva fare il calciatore, il Sama l’astronauta, Roby il pilota d’aerei. Ma nessuno, neanche il figlio del preside che abita dall’altra parte della strada, avrebbe voluto guadagnarsi da vivere scrivendo. Nessuno. Oddio, proprio nessuno nessuno, no….uno c’era. Ma si vergognava a dirlo.

Si, lo ammetto, ero un bambino poco socievole, che faceva sogni atipici, uno di quelli che si sente sempre fuori posto, anche se sta da solo in una stanza. Erano i primi anni ottanta, resistevano gli ultimi rigurgiti degli anni di piombo, Moro, Pasolini, L’Italicus, la stazione di Bologna, erano ancora ricordi accesi nella memoria dei miei genitori. Pure la mia data di nascita coincideva con la strage di Piazza della Loggia a Brescia. C’era una certa inquietudine nell’aria, nella mia cittadina di provincia, nello sguardo di mia madre quando dicevo che sarei andato a tirare due calci al campetto dell’oratorio. Intuivo che ci fosse qualcosa di strano, si, avevamo da poco alzato la coppa del mondo, ma qualcosa ancora non andava. Dovevo assolutamente trovare un modo per incanalare il mio stato d’animo. E così prendevo un foglio e iniziavo a buttare giù parole. Frasi di un bambino di nove anni, niente capolavori della letteratura, solo io, una pagina bianca e la mia penna con su scritto “Portofino” con all’interno la barchetta che navigava verso il molo non appena la capovolgevo. E scrivevo, spaziando dagli aneddoti scolastici, alla sensazione di formicolio dentro lo stomaco che provavo ogni volta che dalla mia finestra vedevo la Valentina che scendeva le scale. Che aveva sempre la coda e rideva nel suo cappottino rosa e bianco.

Quello era il mio angolo segreto, il posto dove chiudere a doppia mandata i miei pensieri e le mie ambizioni, volevo contribuire, non sapevo a che cosa, ma lo volevo tanto. Gli altri ragazzini ogni tanto mi guardavano strano, facevo finta di fregarmene, in realtà me ne fregava eccome, volevo solo essere accettato per quello che ero. Ma non mi sentivo una vittima, dovevo solo fingere un po’ di essere come loro, avere la risposta giusta a quella maledettissima domanda “che vuoi fare da grande?”. Certo, vista la mia abilità con la palla fra i piedi il calciatore era da escludere, oddio, portavo occhiali da vista piuttosto spessi, il pilota di aerei o di formula uno sarebbe stato rischioso, insomma i mestieri più fighi mi erano preclusi, alla fine decisi: “costruirò le barche”. Si, mi sembrava un gran bel mestiere, anche i miei amici furono d’accordo, davvero un gran bel mestiere.

Loro erano soddisfatti ed io ero felice perchè le mie barche avrebbero navigato verso uno spazio bianco, verso un un insieme di parole, verso un molo. Bastava solo capovolgere la penna e iniziare a scrivere.
Nessuno di noi è diventato ciò che sognava, ma non importa, ciò che conta è averlo immaginato davvero, non mi mantengo scrivendo, non costruisco barche e non ho sigari cubani, ma circa due volte l’anno, verso le sei del pomeriggio, in un tramonto quasi anonimo, una sigaretta sulla punta estrema del porticciolo me la concedo.

Non si deve mai dire ad un bambino che i sogni sono solo sciocchezze: sarebbe una tragedia se lo credesse” (Paulo Coelho)

Dedicato a tutti i bambini di quarant’anni ed oltre che si ostinano a sognare. Il violinista sul tetto.

 

 

Il peso specifico dei nostri vasi.

 Bugia

Le persone mentono, ogni giorno, anche più volte al giorno, è un dato di fatto. Gli uomini mentono di più.

E’ un luogo comune, ma, dati alla mano, è la sacrosanta verità. Ci sono centinaia di studi che stanno lì a dimostrarlo. Perciò, facciamoci un bell’esame di coscienza e ammettiamolo: noi uomoni diciamo più bugie delle donne. E non di poco. L’aspetto importante da considerare è la gravità di ogni singola menzogna.

Ci sono bugie dette a fin di bene, tipo dichiarare alla propria compagna di trovarla più bella di un’altra ragazza, quando in realtà non è proprio così. Poi ci sono quelle dette per “darsi un tono”, come ad esempio asserire di essere stato, che so, con dieci donne diverse, mentre in realtà erano cinque, cose dette così, giusto per non sfigurare con gli amici. Si, perchè vi do una notizia: gli uomini mentono molto anche fra di loro, puo’ sembrare assurdo ma è così. Fa parte del nostro dna, è il nostro modo cerare di emergere dal branco, talvolta per diventarne il leader.

Poi, purtroppo, ci sono anche le menzogne “gravi”, o almeno, quelle che vi raccontiamo per nascondere un fatto pesante, come un tradimento, un investimento sbagliato o comunque sia, un comportamento altamente scorretto nei vostri confronti o in quelli di un’altra persona. Ecco, queste sono il tipo di bugie che non ci perdonerete mai, non è detto che possano far naufragare un rapporto di coppia, ma sicuramente lo ridimensionano. Sono quelle che romperanno il vaso e anche se vengono raccolti i pezzi e ricomposto, si vedranno sempre le crepe. Vi sforzerete di non pensarci, e lo faremo anche noi, ma sappiamo benissimo che i segni resteranno lì, potremmo girarlo per nasconde il danno alla vista, ma sappiamo che c’è. Il trucco potrà (forse) funzionare con le persone esterne, che magari vedono il nostro vaso e ci fanno i complimenti, addirittura ce lo invidieranno pure e, diciamocelo, questo non farà che accrescere la nostra sofferenza. Queste non sono considerate bugie, ma sono una vera e propria rinuncia alla lealtà e anche se qualcuno di voi non sarà d’accordo con me, dico che sono umilianti sia per chi le dice, sia per chi le riceve, Ovviamente in modo diverso.

Per fortuna la maggior parte delle falsità che diciamo possono essere catalogate come “leggere” e dato che anche voi donne non siete esenti da raccontare balle, più o meno pesanti, potrei azzardare nel dire che se le mettiamo tutte sul piatto della bilancia, forse siamo (quasi) in parità. Ok, lo so, sono stato troppo ottimista e i conti li ho fatti a nostro favore, ma che uomo sarei se non cercassi di avvantaggiare la mia squadra.

Va bene, avete ragione, certe bugie dovremmo proprio risparmiarcele, ma mi viene da dire che più che la bugia in sè per sè, voi sopportate ancora meno ciò che essa nasconde, il motivo vero per il quale abbiamo cercato di aggirare la verità. La possibilità che ci possa essere una donna che non siete voi. E’ questo che vi logora, giustamente aggiungerei. Si, perchè se siamo onesti e non abbiamo niente da nascondere, non ci sarebbe bisogno di usare stratagemmi, ma se così fosse, non saremmo uomini. E voi donne.

Non ci sono scuse, mentiamo perchè fa parte di noi, come accellelare in prossimità del giallo al semaforo o della pizzata con gli amici dopo la partita di calcetto, perchè in fin dei conti, crediamo che la completa sincerità sia di gran lunga meno affascinante. Vi chiedo solo di pensare per un attimo anche a tutte le volte che voi avete fatto la stessa cosa con noi, a dare un peso alle vostre balle e a considerare che, in fondo, in questo campo non siamo poi così diversi. Diamo un peso specifico ad ognuna di esse, valutiamone il danno e la circostanza, non dico di giustificarla, ma di darle l’importanza che merita. Lasciatecene dire qualcuna, perdonateci quelle piu innocue e siate intransigenti con quelle che vi umiliano e pretendete la verità, concedeteci qualche segreto. Sappiate che siamo in grado di distinguere la gravità di ogni singola bugia, che di alcune di esse non riusciremo mai a perdonarci e che ogni tanto ci vergogniamo di essere uomini.

Tutti diciamo menzogne e tutti siamo gelosi di alcune di esse. E dei nostri vasi rattoppati.

Le donne si innamorano di quello che sentono. Gli uomini si innamorano di quello che vedono.
È per questo che la maggior parte delle donne si trucca e la maggior parte degli uomini mente.” (Anonimo)

Dai, stemperiamo un po’ l’atmosfera con questa.

Premi, ringraziamenti e un velo di anarchia.

E’ tempo di premi e di ringraziamenti.

Sono estremamente vagabondo, per natura, e in questo periodo questa condizione si è amplificata enormemente, così, mi accingo a compilare questo post “cumulativo”, per rendere omaggio a coloro che si sono ricordati di me e al grido di “voglia di ringraziare saltami addosso, fammi ringraziare più che posso” mi trascino dal divano al pc e mi metto all’opera.

Ah, spero di non dimenticarmi di nessuno, se così fosse (e probabilmente lo sarà), siate comprensivi, fatemelo notare e, citando lo zio Willy ” Puk Pinocchio i danni vi rifonderà”.

LIEBSTER

ImmagineSono onorato e ringrazio come se non ci fosse un domani:

Fulvialuna: i suoi suggerimenti in fatto di libri sono per me molto preziosi e, cosa più importante, mi fanno sentire un ignorante totale. Sono belle sensazioni.

Pontomedusa: qui si vola alto. Lei ha lo spirito guida, una sua personalissima guida di sopravvivenza e probabilmente anche la guida Michelin. Non so a voi, ma come direbbero dalle mie parti “a me mi fa schiantà da ride” (l’accademia della crusca non credo approverebbe)

Carrie: Che dire…da fan accanito di Sex and the city sto facendo le capriole, anche se, lo ammetto, la mia preferita era Samantha…chissà perchè…

DARDOS

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Carzy Alice: qui c’è tutto ciò che possiamo desiderare, pensieri, citazioni, racconti…se guardate bene potete veder passare il Bianconiglio. Ve lo assicuro.

Laura: un mondo, il suo, che sfugge a qualunque definizione, che personalmente considero una gran dote.

SUPERTELEMINCHIONE

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Ecco, senza nulla togliere agli altri, ma questo premio è sicuramente il più ambito. Appena l’ha saputo Sorrentino mi ha chiamato scongiurandomi di fare uno scambio con il suo misero Oscar…seee..figuriamoci Paolino Sorrentino piccolino…non ci penso neanche. Il merito di tutto questo è di Giacani, e non riuscirò mai a ringraziarlo abbastanza.

Bene, ora capite anche voi che rispondere alle domande sarebbe per me uno sforzo fuori dal normale, perciò non ve la prendete, ma proprio “non ce la posso fa’”

Infine, farò le nomination, ma con criteri tutti miei, senza badare al numero dei nominati, e soprattutto…i premi sono qui, scegliete voi quello che vi piace di più, ora non vorrei influenzarvi, ma Sorrentino…

Mille nuovi orizzonti: rifatevi gli occhi. Invidia pura.

Uhm!: Un nome una garanzia.

Assocorale: quando si dice arte.

Macchiato con zucchero: a suo tempo accettai il consiglio di farci un salto. Fossi in voi farei altrettanto.

Lettera C: squarci di vita quotidiana.

Viaggio al termine della notte: essere ironici senza troppi giri di parole.

Vissi di tacco 12, vissi d’amore: aperto da poco, conosciuto da poco. Colpo di fulmine.

Nata L’altroieri: è un blog nato da poco, ma che ti chiede già le chiavi di casa.

Ve lo dico in un orecchio: il suo nick è Gnappetta. C’è bisogno di aggiungere altro?.

365 giorni senza uomini: Non ci andate, vi prego, il titolo è falso e tendenzioso.

Cronache di un pigiama rosa: si mangia, si ride, si sta davvero bene.

Lara dice no: vestitevi di blu e fatevi avanti.

Hate couture: consigli pratici per sopravvivere nel fantabosco.

Colpo di tacco: donne, andate a farle visita, è un blog di moda, è fashion, trendy…ahahah…prendete esempio…ahahah…fatemi sapere.

Si, ci siamo…quanti blog sono?…boh…va bene così.