VAFFANCULO FRANCESCO

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Sono quello che ride,
quello che poi s’incazza
sono sempre distratto
quello senza corazza
devo ancora capire
questa vita cosa mi vuole dire

Sono quello che canta
Mentre guido da solo
E in questa giostra che gira
Cerco ancora il mio ruolo
In questo mondo che danza
Sento di non essere mai abbastanza

E non so cucinare
E mi perdo per strada
Sono un po’ Don Chisciotte
Però senza la spada
Faccio sempre fatica
A capire cosa vuole la gente che dica

Non sono mai puntuale
Non capisco l’inglese
E vaffanculo Francesco
Tu e le tue frasi sospese
Sento il tempo che vola
Con le parole che mi muoiono in gola

E non ho un cazzo da dire
A chi mi chiede consigli
Ho progetti a marcire
Dentro i miei ripostigli
E ho finito i cerotti
Per certi sguardi che sembran cazzotti

E mi sento stocazzo
Perché incastro parole
Mi sento come un bambino
Con le sue capriole
Ma scrivo solo cazzate
Spesso inutili come certe giornate

Forse sono normale
Forse solo un coglione
Forse sono felice
forse è disillusione
e ha proprio ragione
chi mi vuole cambiare
ma certi giorni, davvero, io non so come fare.

Mi pare di dimenticarmi qualcosa, ma non ricordo cosa.

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“Primo ottobre, è un giorno fantasioso, l’aria è mite, qualcuno fa l’estroso”, cantava un Francesco Nuti d’annata, probabilmente (anzi sicuramente) non era riferito a scenari e personaggi particolari, ma solo all’incombere dell’autunno, però io da buon dissidente disilluso leggermente incazzato, ne approfitto e ne farò un uso politically incorrect.

Si perchè è capitato che alcuni giorni fa mi sia seduto al tramonto sul pontile di Porto Santo Stefano, in faccia all’isola del Giglio, ed era identica a come la vedeva la principessa Soraya nel 1956, ma se mi fosse venuta la sciagurata idea di voltarmi di spalle, verso lo scellerato scempio architettonico di fine anni sessanta, mi sarei trasformato in pietra come se stessi guardando gli occhi della Medusa.

All’orizzonte invece brillava al sole calante quel brandello di terra, che lasciava vagare lo sguardo alla ricerca della torre del Saraceno e del faro del Fenaio. Loro c’erano già, hanno resistito a due guerre mondiali e a questa insopportabile Italia.

Poco distante da me si trovava un piccolo gruppo di persone, munite di binocolo. Se ne fregavano delle torri e dei fari, cercavano disperatamente “la nave”. Ecco, sono loro lo specchio di questo Paese, alla spasmodica ricerca della star del momento, intenti ad ammirare quell’esempio vergognoso di italico orgoglio, con lo stesso entusiasmo con il quale guarderebbero estasiati la Lollo “bersagliera” di “Pane, amore e fantasia”.

Se ti aggiri per le vie del paese, senti alcuni commercianti che parlano fra loro sottovoce e si lamentano un po’:  vorrebbero tenerla lì quella cazzo di nave, perchè porta gente, i traghetti sono sempre pieni, anche in inverno, a Giglio Porto c’è un viavai mai visto, in questi tempi di crisi è proprio quello che ci voleva. Dietro di loro il monte Argentario li osserva sornione e avrebbe una gran voglia di scuotere la testa e ingoiarseli come le zigulì.

Poi d’improvviso scendono i visitatori di ritorno dall’isola, muniti di telefonino e macchina fotografica, si scambiano impressioni da finti indignati, pubblicano la foto su facebook e ottengono più “mi piace” di quelle di Gino Strada con i bambini vittime delle mine anti uomo.

E allora ci dicono che dobbiamo essere orgogliosi, l’abbiamo raddrizzata ed è tutto merito nostro, lo stesso merito che l’ha fatta inclinare (ma questo non ce lo dicono), c’è di che vantarsi, e inchiniamoci allo strepitoso risultato ottenuto, anche se prima di noi qualcuno ha fatto l’inchino con risultati disastrosi (ma questo non ce lo dicono). Ma va bene così, il passato è passato e si sa, noi italiani siamo di memoria corta, (non a caso ammiriamo i pesci rossi) infatti ogni tanto ci dimentichiamo che un paio di poveri cristi sono ancora la sotto e gridano vendetta.

E a guardarla da lontano, anche l’isola ci osserva sconsolata, si scambia un cenno d’intesa con l’Argentario, allarga le braccia come a dire “che posso farci?…io c’era già da prima” e sospira inconsolabile nel vedere l’affanno di coloro che cercano giustificazioni, che ci ripetono come un mantra che dobbiamo essere orgogliosi, orgogliosi, orgogliosi… Bravi, fate bene, ripetiamolo di continuo perchè “Ripeti una bugia 100 volte e diventerà la verità”, diceva Goebbels. Anche se, fossi in voi, cari finti moralisti non dormirei sonni tranquilli, perchè non si sa mai quando qualche cadavere salterà fuori e verrà a mordervi il culo.

Ma forse alla fine, ci meritiamo questi personaggi qui: i capitani coraggiosi, le interviste di Barbara D’Urso, i venditori ambulanti che elargiscono magliette con su scritto “Torni a bordo cazzo!!!”, i politici e gli addetti ai lavori tronfi e soddisfatti che stappano champagne (francese) per un finto “successo” (italiano).

E qui devo ammettere che il buon “Cecco” si sbagliava quando diceva “qualcuno fa l’estroso”, aveva decisamente sottovalutato il numero degli… “estrosi”.

“A volte succede. Nei grandi amori o nelle più gravi crisi della Storia. Nei fallimenti, nei tradimenti, nella desolazione e nell’abbandono. Si raddrizza la schiena. Ci si rivolta.” (letta da qualche parte, ma non ricordo dove, sono italiano, ho la memoria corta).