Que viva que viva el conquistador.

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Dobbiamo essere uomini, comportarci come tali, ce lo sentiamo ripetere in continuazione, fin da quando siamo bambini e nostro padre ci guarda dritto negli occhi, serio e con l’indice alzato. “Sei un uomo”

Sembra una frase fatta, anzi, lo è, può apparire innocua, ma noi uomini la sentiamo maledettamente seria e vera.
E ci spaventa da morire, perchè, diciamolo, non è facile esserlo, almeno, non come il pensare comune ci impone.
Sono parole martellanti, quasi fastidiose, al pari di “tira fuori le palle”, ma non possiamo ammetterlo, la nostra virilità viene messa in discussione, qualcuno dubita della nostra determinazione e noi di solito accusiamo il colpo facendo finta di niente.

Ma, per assurdo, ancora non abbiamo compreso il vero significato di questa espressione.
Su quali basi si misura la capacità di essere uomini? Qual è il metro di giudizio? Forse il nostro essere impavidi?, la sopportazione del dolore? Il numero di donne con le quali siamo stati a letto? Non riusciamo a capirlo.
Sappiamo solo che dobbiamo essere uomini, perché il mondo vuole così, dobbiamo essere in grado di gestire le situazioni critiche, mostrarci forti e decisi, infondere sicurezza e saper prendere decisioni importanti senza esitare, dobbiamo accudire le nostre donne, anche se loro non ne hanno bisogno, ma siamo noi ad avere bisogno di farlo, per sentirci realizzati. Uomini.
Come diceva Fromm “L’uomo è l’unico animale per il quale la sua stessa esistenza è un problema che deve risolvere”.

Non basta aver scritto “maschio” sulla carta di identità, dobbiamo dimostrare di meritare quel titolo e allora impariamo un metodo tutto nostro, un nostro personale linguaggio segretissimo per permetterci di essere noi stessi, con le nostre fragilità e insicurezze, soffrire senza darlo a vedere. E’ indispensabile entrare nel nostro mondo per riuscire a capirci veramente, è necessaria tutta la vostra buona volontà e pazienza, la vostra voglia di conoscerci veramente, perché come voi, abbiamo i nostri codici e le nostre regole che ci imponiamo di rispettare ma che spesso rinneghiamo. Vorremmo piangere anche noi e lasciarci andare alle risate sfrenate, ma non ci è concesso, perché il mondo non ha bisogno di uomini così, perché un uomo che parla dei suoi sentimenti è meno uomo fra gli uomini, è oggetto di scherno e risatine e battute umilianti.

Ma come dicevo prima, voi avete la chiave per aprire la nostra armatura e per capirci davvero, ce la potete fare, ce la fate sempre, quando volete.

Perciò, fateci sentire uomini, i vostri uomini, fateci capire che per voi lo siamo a prescindere dalla forza, dal coraggio e da quanto reggiamo l’alcol. Lo siamo per come vi guardiamo e per come ci impegniamo a cercare di esserlo.
Insomma senza il vostro sostegno, là ci perdiamo.

Essere “maschio” non è faticoso, ci si nasce e tutto segue “il suo corso”, invece essere “Uomini” richiede uno sforzo, ti obbliga ad avere un atteggiamento quasi innaturale, devi prenderti il peso della tua vita sulle spalle, e in molti casi, anche quella degli altri.
Ecco, conosco alcune donne che sotto questo aspetto possono considerarsi dei veri uomini.

Ripetete ai nostri figli di essere uomini, anche se sapete che non saranno contenti di sentirselo dire, renderete loro la vita più facile, saranno accettati nella società del futuro, perché in questo mondo loro devono essere i conquistadores e non l’hombre col sombrero che aspetta immobile sul ciglio della strada che passi qualcuno a cambiargli la vita.

“Dice il padrino: Il mondo si divide in cinque categorie, Uomini che sono rarissimi, mezzi uomini che sono rari anche loro, omminicchi che sono tanti e da ultimo la stragrande maggioranza: i quaquaraquà.
Il capitano a questo non replica.” (Leonardo Sciascia – Il giorno della civetta).

Dalla ionosfera al grand canyon in un battere di mani.

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Oggi parliamo d’amore, vi va? Lo so, uomini all’ascolto, ci sono argomenti più accattivanti, tipo il derby di domenica scorsa o le tecniche di caccia al cinghiale, vi prometto che i prossimi post saranno su questi argomenti. Parola di Pinocchio.

È da poco passato San Valentino, la festa per eccellenza, il tripudio dei cuori, dei baci Perugina e degli orsacchiottoni. Ve lo dico subito: è una festa che non mi piace e forse anche per questo ne parlo con un voluto ritardo.
Non giudico coloro che la festeggiano, ci mancherebbe altro, però penso che quelli di noi che hanno la fortuna di aver trovato l’altra metà della mela (o che sentono di averla trovata) siano già miracolati così, senza bisogno di sbattere in faccia agli altri la loro felicità, insomma, senza il diritto di avere una festa tutta per loro, come a sottolineare che ce ne sono altri che semplicemente hanno avuto meno fortuna.
E già qui ne ho sparata una grossa, ma è niente rispetto a quella che sto per dire.
Sopporto ancora meno quelli che ostentano a tutti i costi il loro status di single, rivendicando il privilegio della libertà e dell’indipendenza, cercando di persuadere gli altri che vivere senza una persona vicino è meglio.

Siamo stati tutti delusi dall’amore, chi più chi meno, e tutti abbiamo sperimentato le due condizioni di “coppia” e di “single”, abbiamo sofferto da matti? Ci mancava la terra sotto i piedi?, siamo stati traditi, umiliati, usati? Ok, ci sta tutto, avete tutte le ragioni del mondo per essere incazzati con l’amore, tutte…tranne una: non siamo fatti per stare da soli, ognuno di noi ha bisogno di donare qualcosa di sè e di ricevere qualcosa dagli altri. È il mettersi in gioco, il rischiare di uscirne a pezzi, il provare emozioni che le parole non potranno mai descrivere. Parlo di questo, di aspettare ore chiuso in macchina davanti al portone di casa sua solo per vederla/o un attimo, prima che svanisca fra la gente, parlo di sospiri e pianti e promesse e insulti, parlo di Oberon e Titania, de “Il bacio” di Klimt, di un Marco e Piero (qualunque) o di una Martina e Veronica. Qualunque.

Nessuno di noi nasce con il desiderio di stare da solo, è una condizione che ci scegliamo, o nella peggiore delle ipotesi, che siamo costretti a scegliere per essere più forti e meno vulnerabili, per metterci al riparo da sofferenze e ci convinciamo che stiamo bene così. Lo capisco e se facciamo un bilancio probabilmente i dolori superano di gran lunga gli attimi di felicità, o quantomeno fanno un male insopportabile, però…oh…quant’era bello quando era bello?
Di solito la mente umana tende a cancellare i brutti ricordi e a mantenere quelli belli, in amore non è così. Basta un attimo solo, un soffio leggero per spazzare via tutte le promesse che ci siamo fatti e le gioie che abbiamo condiviso e a distanza di tempo le ferite continuano a bruciare e gli attimi di felicità a svanire.
Perchè i sentimenti sono bastardi, un momento ti portano nella ionosfera e il momento dopo ti scaraventano nel grand canyon. E in entrambi i casi fai fatica a capire ciò che ti sta succedendo.

Detto questo, ognuno è libero di vivere i suoi sentimenti come meglio crede, perciò lunga vita agli orsacchiottoni cucciolosi e ai single battaglieri, perchè siamo tutti comunque innamorati di qualcosa, un libro, un film, un animale, una qualsiasi cosa che faccia battere il cuore.
Quindi festeggiamo ciò che ci fa innamorare davvero, fregandocene se è San Valentino, San Faustino o San Siro, strizziamo gli occhi e battiamo le mani per diventare invisibili fra la folla e lasciamoci trasportare dai sentimenti.

Adesso largo ai festeggiamenti, qualunque giorno sia.