La mia sveglia che suona alle sei di mattina,
svaniscono i sogni la realtà si avvicina,
mi muovo nel buio con passo felpato
se faccio un rumore sarò lapidato,
cammino a tastoni scendendo la scala
ma la porta ha uno spigolo e la mamma maiala,
il gomito sbatte e un urlo trattengo
ma ripasso il rosario come un camerlengo.
Salgo in auto con gli occhi ancora impastati
Sono cento i chilometri che attendono ingrati,
giro la chiave intontito e accendo la radio,
nella testa ho un ultrà con la tromba da stadio.
C’è un’ora di strada, inizia il viaggio
Probabilmente ho una taglia per vagabondaggio,
son quattro anni che lavoro lontano da casa
forse è così che si sentono gli astronauti alla Nasa.
Alla radio notizie di politica interna,
i discorsi alla cazzo di chi ci governa,
poi Giusy Ferreri, Irama e Calcutta
se una canzone è di merda la trasmettono tutta,
sotto al sedile di chi a volte viaggia con me
si nascondono penne, ricordi e forse un bidet.
Mentre seguo la strada senza cambiare corsia,
ripenso agli amici che sono andati via.
Mi rivedo a vent’anni insieme a Samuele,
volato a Milano con il suo ukulule,
sognava un futuro come un capogiro
a fare il cantante e riempire San Siro,
sugli accordi volava come un moderno Uomo Ragno,
ma si è arrugginito come uno scaldabagno,
è finito a Segrate a fare il precario,
e sui sogni di un tempo è calato il sipario,
col costume di Spiderman ci ha fatto un falò
si è scordato le note del giro di Sol.
Il più bello di tutti di quell’era maldestra
era Dario il forzuto che viveva in palestra,
di tutta la banda era il capotribù
vestiva sempre di verde come un moderno Hulk,
mostrava i bicipiti con espressioni feroci,
e con le chiappe del culo ci schiacciava le noci.
In un giorno di pioggia è partito per Roma,
a far la guardia del corpo di una showgirl in perizoma,
e in una sera bastarda di cocaina e splendore
per difendere una escort ha picchiato un assessore.
E’ stato in galera come un criminale
Poi Si è fatto 6 anni con la condizionale.
I suoi abiti verdi son finiti in soffitta,
ora aggiusta le auto e lo chiamano Er Marmitta.
Abbiamo imparato una cosa in questi anni
i supereroi in provincia fanno solo dei danni
se ci date i poteri ci facciamo del male,
è come dar le infradito a Babbo Natale,
forse il nostro è soltanto un cammino fatale
condannati per sempre a una vita normale.
Perché a noi il successo fa spavento e disarma
Forse a noi il destino ci ha cagato nel karma.
Torno a casa ogni giorno senza gesti eclatanti
Non ho salvato il pianeta da alieni inquietanti,
ma mentre salgo le scale sono sorridente
a mia moglie e a mia figlia vado bene ugualmente,
e mi vedo a ottant’anni senza un superpotere
io sarò solo un vecchio. E loro il mio cantiere.
Mi convinco ogni tanto che ci vuole coraggio,
Ad affrontare ogni giorno sempre all’arrembaggio
E aggirare i problemi come se fossero boe.
Forse anch’io. nel mio piccolo, sono un supereroe.