Teresa con le luci accese.

LA-RINASCENTE

Teresa prende l’ascensore, vorrebbe solo sprofondare e invece sale al terzo piano e si ferma davanti al suo portone. E’ stata un’altra serata in cui si è fatta male, di quelle che non si abitua mai a sopportare, di quelle in cui passa un’altra mano di vernice e cemento sopra al cuore.

E’ stata un’altra serata passata con qualcuno di cui davvero non gliene poteva fregare di meno. Un tipo conosciuto dentro un pub, di quelli che fanno poche domande perché non voglio essere costretti a dare anche loro risposte. Che poi, di certe risposte, davvero non sanno che farsene.
Un tipo comune, mimetizzato fra la gente, con un’auto normalissima e una casa altrettanto normale. Uno di quegli uomini che non fanno niente per farsi notare, che non ti sconvolgeranno la vita. Quelli che già lo sanno che non ti fermerai a dormire, non se lo aspettano. In una parola: rassicuranti.

Teresa ha imparato a scegliersi le persone, senza dare niente e senza aspettarsi niente in cambio, era così che voleva vivere: senza nessuna fottuta emozione da cavalcare. Voleva una vita circondata di persone di passaggio, che non avevano pretese o aspettative. Persone da lasciare andare, che arrivano, restano lo stretto indispensabile e svaniscono senza lasciare tracce né ricordi. Ma è sempre meglio che non avere niente.

Teresa è vita-repellente, ha indurito la sua armatura e affilato le sue armi, forse molto più del necessario. Ha scelto di essere impermeabile ai turbamenti dell’anima, di lasciare in un angolo la forza destabilizzante delle passioni travolgenti. E’ molto meglio così, si ripete spesso, decisamente molto meglio così. Ha visto troppe volte dissanguarsi la sua anima, senza poter far niente. Impotente spettatrice di una malattia senza cura, come un’infermiera che assiste allo spettacolo di un martirio.
E’ decisamente molto meglio così. Se lo ripete spesso.

Ha deciso di uscire dalle traiettorie irrazionali delle attese palpitanti, quei tumulti del respiro, come alla sua prima cotta, che si teneva su le calze perché i suoi sarebbero potuti rientrare e guardando gli occhi del ragazzo che stava con lei si convinceva che quello sarebbe stato il suo amore perfetto.

Ma l’amore perfetto è solo un inganno della mente, una convinzione irrazionale e irragionevole che ci soffia aria nei polmoni e strappa carne viva da qualcosa che ci batte sotto il petto e più ti illudi, più ne strappa, fino al punto di essere costretto a farne a meno. Fino al punto di essere costretto a correre ai ripari. Fino al punto di doverlo barricare dentro ad un qualcosa che somiglia molto ad acciaio e cemento armato.

E allora arrivi al punto di doverti proteggere in qualche modo e mandi giù il peso delle illusioni, continui ad inghiottirle. Le spingi in fondo, dove nessuno guarda mai, come si fa con i giorni che vuoi dimenticare, quelli dei sentimenti incompresi. Li nascondi nel seminterrato della tua esistenza e speri che nessuno scenda fin laggiù. Che in certe profondità non si trova mai niente di davvero interessante.

Teresa si decide ad entrare, ha bisogno di togliersi di dosso l’odore di quella sera da dimenticare, una delle tante. Le luci della sala l’attendono quasi impazienti, le piace trovarle accese quando rientra, come se ci fosse un motivo che continua a rinnegare, come se ci fosse qualcuno ad attenderla davvero. Si siede sul divano e pensa che in fondo ci vuole poco ad ingannare le persone, è sufficiente non fare domande e passare una nuova mano di vernice e cemento sopra al cuore.

E se per un maledetto caso del destino dovesse passarle davanti agli occhi un sussulto di passione, non c’è da spaventarsi, basta volgere subito lo sguardo ed entrare in una nuova sera da dimenticare, che in fin dei conti è soltanto il percorso meno rischioso per farsi male senza morire.

Dalle casse dell’impianto hi-fi esce “You’ll follow me down” degli Skunk Anansie. E qualcosa significherà.

Nell’umanità la regola − che naturalmente comporta delle eccezioni − è che i duri sono dei deboli di cui gli altri non si sono curati, e che i forti, preoccupandosi poco che ci si curi o meno di loro, sono i soli ad avere quella dolcezza che il volgo scambia per debolezza.(Marcel Proust – Sodoma e Gomorra)

Qualche domanda…niente di grave.

domande_risposte

Devo ringraziare una persona che stimo molto, si, molto più di quanto lei immagini, questa persona è Harley Quinn che mi ha coinvolto in questa esperienza. In realtà non è niente di particolare, si tratta solo di rispondere ad alcune domande e poi riproporle ad altri 5 blogger, non si vince niente, non c’è nessun premio da celebrare, c’è solo da spostare un po’ il velo, anche di poco.

– Cos’è per te il blog? Avere un blog è la mia giusta dimensione.
Ho iniziato a dieci anni a cercare qualcosa, sentivo un ronzio sotto al respiro che a volte riuscivo a ignorare o meglio, mi imponevo di farlo, che tanto prima o poi se ne andrà. Ma non era così, cavolo a pensarci adesso…certi giorni era proprio insopportabile, quasi un fastidio, come quando cammini sulla spiaggia e ti entra la sabbia nelle scarpe, ma non hai voglia di toglierla e allora imprechi e maledici di essere lì, che potevi startene tranquillamente a casa a non fare un cazzo e a goderti il vuoto che c’era intorno a te. E invece no, sei voluto uscire, avevi bisogno d’aria, dicevi, ed ora ecco qua, a camminare con questi piedi pesanti. Ecco, queste erano le mie sensazioni da ragazzo, una manciata di sabbia che mi premeva sul diaframma, così decisi di prendere un foglio e una penna, poi il foglio divenne un blocchetto, poi un quaderno, poi un diario. Pensieri tenuti segreti che neanche rileggevo perchè mi imbarazzava farlo, erano descrizioni di immagini, lettere scritte alla ragazza di turno per la quale mi ero preso una cotta e che non le avrebbe mai lette, perche non importava, erano cose mie, servivano a me, era solo un mio atto di egoismo, un granello in meno da dover portare. Ma non mi bastava, la sabbia tornava più pesante di prima, era una smania che non potevo più soffocare in qualche modo dovevo farla uscire, perche mi stava divorando. C’era la musica, quella c’era sempre, ma era un mondo fuori misura per me, troppo grande, troppo spietata, troppo irraggiungibile. Dovevo trovare uno spazio diverso, il giusto posto per poter dar voce a quel fardello assordante che mi comprimeva i polmoni.
Così qualche mese fa decisi di aprire un blog, senza sapere bene cosa stavo facendo, ma sentivo che quella poteva essere la “mia” giusta misura, niente spazi enormi, niente scatole buie, solo io un blues in sottofondo e una boccata di sabbia della quale non riuscirò più a farne a meno.
Che a volte non c’è cosa migliore che andare a farsi due passi su una spiaggia. (Questo è ciò che scrissi tempo fa in un commento al mio amico Swann, mi sembrava adeguato).

– Da grande vorrei fare… Direi il parrucchiere, ma solo di lunedi. In alternativa, un lavoro che mi dia soddisfazione e che magari mi permetta pure di mantenerci la famiglia. Per il momento sono fermo al primo punto, ma conto al più presto di darmi alla malavita organizzata…anche solo per il gusto di farmi eleggere in parlamento.

– Quanto scrivi sul blog Diciamo un paio di post a settimana, per me scrivere è un pò come fare l’amore, l’unica differenza è che scrivo più spesso. Anche perchè pubblicare 4 post all’anno sarebbe inutile.

– Genere musicale preferito Tendenzialmente il folk, il country, il rock, il blues, ma anche i musical e alcuni cantautori italiani. Mi reputo abbastanza ignorante in materia. La mia professoressa di musica delle medie mi ha fatto odiare il flauto: mi dava le bacchettate sulle mani usando lo scovolino in dotazione. Per protesta le tirai dietro il libro de “Il pifferaio magico”.

– Quale personaggio di quale romanzo ti piacerebbe essere? Stephen Dedalus, (Ulisse di Joyce), perchè vivo eternamente nuotando nel mio flusso di coscienza, solo che, non avendo filtro tra il cervello e la bocca, i miei monologhi sono a voce alta. Nel mio armadio ho una camicia di forza, ma ovviamente non è stirata.

– Fotografia non è un mio problema. Sono incapace sia di farle che di riceverle. Messo alle strette preferisco farle, ma di solito se inquadro la testa rimangono fuori i piedi. Tutte le volte che ne guardo una che mi ritrae decido di mettermi a dieta, poi uso photoshop e i buoni propositi vanno a farsi benedire…nella nutella.

– In che periodo storico ti piacerebbe vivere. Durante il nazismo, e forse capirò perchè mi sale sempre un nodo alla gola quando penso al mio prof di filosofia, che girava in maniche lunghe anche d’Agosto per nascondere un tatuaggio.

– La tua più grande passione? ok…a parte “quella” grande passione, direi imparare a conoscere le persone, ma non quelle delle feste o dei salotti buoni, no, quelle che incontri per strada, che urti sull’autobus, quelle che passano in bicletta con gli occhiali da sole, quelle che accompagnano i figli a scuola, quelle delle cinque e quaranta di un giovedi pomeriggio, in cui puo’ succedere di tutto anche se in realtà è semplicemente un altro giorno che sta per finire.

Marzullo-style. Si faccia una domanda, si dia una risposta: Ci riusciremo? – Ci dobbiamo provare.

Loro sono i miei magnifici 5:

Un salto da Maria Emma vi farà bene, iniziare a conoscere il suo mondo sarà une bella esperienza, quando uscirete da lì vi verrà voglia di offrirle da bere.

Lei è un quasi veterinario, l’ho conosciuta oggi, a dire il vero è lei che ha trovato me, ma ama Faber e questo è già tanto, scrive decisamente bene, e anche questo non è cosa da poco e a quanto pare capisce le mie battute…e qui l’encomio è totale. Lei è Ladykhorakhane

Ok, qui si va sul sicuro, lei è Diamanta, e sono veramente curioso di leggere le sue risposte, ammesso che voglia farlo, perchè conoscendola un po’ non lo darei per scontato, il suo tocco è leggero ma le parole ti si attaccano alla pelle e ti costringono a guardarle e non ti molleranno tanto facilmente.

E’ il turno di Pennyvlane. Un fiume in piena, un tripudio di pensieri, ti inchioda lo sguardo allo schermo e ti perdi nel suo mondo, una volta finito di leggere ricordati di riprendere a respirare.

Lei, oh, lei, guradate qui, lei è Carrie, si, come quella di Sex and the city, la sua Manhattan è affascinante, forse più di quella vera, capisce le persone in generale e gli uomini in particolare, beata lei che ci capisce, sto prendendo lezioni, ci descrive come solo una donna sa fare.

Bene, è andata…nessuno deve sentirsi obbligato a rispondere…no no…non rispondete…però….