Valentina in attesa della neve.

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Valentina tiene gli occhi dietro un vetro, da lì vede la vita e le si appannano i respiri. Lei guarda verso il cielo. Potrebbe nevicare.

Ma non succede mai che nevichi sul mare, sarebbe qualcosa di imperfetto, sono incompatibili il mare con la neve, come il sole e la sua ombra, come quando dici che va tutto bene mentre ti sembra di morire. Lei lo sa che non nevica sul mare, ma ha imparato ad illudersi con poco e allora prende un passo più leggero, che non si può mai sapere e continua ad aspettarla, come faceva da ragazzina, quando aspettava “quella” telefonata, aveva la certezza che non sarebbe mai arrivata, ma non si rassegnava e fissava la cornetta, che non c’era cosa più bella al mondo che stare lì in attesa, che il solo pensiero che potesse succedere davvero la scaldava come un abbraccio di madre. E questo era un buon motivo, sì, decisamente un buon motivo, per non smettere di illudersi.

Valentina aveva quindici anni quando capì di esser sola, quando iniziò la sua vita in parallelo, fatta di strade prese contromano, come quando ti dicono di arrenderti e senti il freddo della canna di pistola sulla tempia e chiudi gli occhi e pensi sia finita e aspetti un ultimo rumore. E quasi un po’ ci speri che si muova il dito sul grilletto, che finalmente tutto sarebbe compiuto e tu potresti smettere di rincorrere i tuoi giorni. E magari, per la prima volta, sederti e tirare il fiato. Aveva quindici anni, un giubbotto di pelle nero, una maglietta con la scritta “I am mine”, i jeans strappati non certo per essere alla moda e un paio di anfibi, presi in prestito al banco del mercato e mai restituiti. E quasi un po’ le dispiaceva di non essere elegante, non poteva immaginare che sarebbe stato il primo giorno della sua nuova vita, che poi, a pensarci, non sarebbe cambiato molto, non sarebbe stato comunque un granché, questo giorno. E neanche la sua vita.

Avrebbe voluto qualcuno a cui appoggiarsi e invece ha dovuto cavarsela da sola, si potrebbe dire che ci è proprio cresciuta, da sola. Tutte le persone che ha incontrato erano sbagliate, sempre e comunque sbagliate, come se continuasse a mangiare chicchi d’uva da un grappolo infettato dal male di vivere. “Persone sbagliate”, ti dice con un gesto delle labbra che somiglia ad un sorriso, persone e decisioni, come fossero complementari, che una cosa quasi non esisterebbe senza l’altra. Sbagliate, una dopo l’altra fino a convincersi di essere lei ad essere sbagliata.

E allora Valentina è cresciuta troppo in fretta, che non poteva permettersi il lusso di aspettare, è cresciuta senza percorsi da seguire, senza nessuno a dirle come si fa, senza un paio di braccia sicure per cacciare via la notte, e lei davvero non sapeva come fare. Non lo poteva sapere. Poteva solo improvvisare. Come fanno gli artisti di strada, che se lasci una moneta, ti regalano un inchino.

Ma alla fine si è convinta, che certe esistenze non puoi mica decidere di sceglierle, come certe giornate uggiose di fine Ottobre, che arrivano anche se non le aspettavi, non le scegli, puoi solo decidere di cambiarle, o almeno, ci puoi provare. Se ti rimane un misero sussulto di vita, ci puoi provare. Ha imparato che avere una vita difficile non è una colpa, ma neanche un alibi, Ha imparato che a quelle come lei nessuno farà sconti e piangersi addosso serve solo a far crescere il senso di pena e la fame di carezze.

Valentina cammina senza fretta, lancia un sorriso a Cisco il matto, che aspetta appeso ad un angolo di finire la sua birra, oltrepassa il bar “quattro mori”, dove un giorno chiese due spiccioli ad un passante per regalarsi un pranzo, arriva sotto i portici al numero quaranta, guarda verso il cielo e sente il calore di un abbraccio e pensa che quello è stato l’ultimo regalo che le ha fatto sua madre. E da quel giorno sta solo cercando di meritarselo, quel regalo.

Adesso è quasi buio, forse è meglio rientrare, che per stasera non c’è più niente da salvare, ma domani sarà un giorno nuovo di zecca. E potrebbe nevicare.

“Ogni esperienza vissuta, ogni realtà con la quale siamo venuti a contatto nella vita, è uno scalpello che ha creato la statua della nostra esistenza modellandola, plasmandola, modificandola. Noi siamo parte di tutto quanto ci è accaduto” (Orison Swett Marden)

In quelle giornate uggiose Valentina chiude gli occhi e ascolta il suono del primo giorno della sua vita (Bright Eyes – First day of my life)

21 pensieri su “Valentina in attesa della neve.

  1. Sarà per il nome sarà per la neve o forse per il mare, magari per il giubbotto di pelle, ma questa mi è piaciuta più di altre 🙂

  2. “piangersi addosso serve solo a far crescere il senso di pena e la fame di carezze” con il rischio, al contrario di non riuscire a fidarsi più di nessuno…

  3. Questa mi ha colpito in modo particolare, non bisogna mai perdere la speranza e se qualcosa va storto, domani è un altro giorno.
    Complimenti!

  4. Ho sempre creduto che in nostro destino sia in fondo alla strada che percorriamo ogni giorno, che ci viene incontro, e che, spesso, non scegliamo. Però possiamo scegliere di ricordare e fare nostro ogni attimo di vita. Così non sarà solo subito ma, per il possibile, vissuto. Le cicatrici in fondo sono come le rughe: ci dicono, ci raccontano, ci ricordano tutto ciò che siamo stati. Nel bene e nel male. Come sempre, sei un tessitore incredibile delle trame della vita..

  5. Ciao! Mi ha colpito molto quello che hai scritto, complimenti!
    Anche io abito sul mare e aspetto sempre la neve, forse sarà per quello!
    Buona serata!

    • Grazie infinite, Sì, forse noi che abitiamo sul mare siamo sempre un po’ più agitati, un po’ sognatori e un po’ banditi.
      P.S. Ho cercato di leggere il tuo blog, ma mi dice che non esiste…sono sobrio, lo giuro.

      • Sì, così funziona, il problema si presenta solo se cerco di entrare nel blog cliccando sul tuo nome.
        Non preoccuparti per il resto, ti farò avere al più presto il bollettino postale per pagare il noleggio del mio spazio pubblicitario.
        Dai, adesso vado a scorrazzare sul tuo blog. 😛

      • Ahahah ok attendo il conto allora! Mi ricordavo che eri simpatico, ma non ricordavo il nome, sono andata a riaprire il vecchio blog per ritrovare il contatto. Visitavi il mio blog sulle cavolate dei clienti del negozio 🙂 . Poi ho smesso perché non lavorando più in negozio mi sembrava assurdo continuare .

      • E’ nato tutto un po’ per scherzo.
        Ho sempre avuto una grande fascinazione per il 1800, anzi io vorrei aver vissuto in quegli anni, ho una profonda ossessione per l’Inghilterra e la mia migliore amica ama questo genere di romanzi.
        Cosa è successo? Non so se ti ricordi che avevo raccontato di aver scritto un libro, è un fantasy, al momento l’ho finito e revisionato e mandato a vari editori in visione, so già che non mi contatterà nessuno, però ho voluto provare lo stesso.
        Quando sarà terminato il tempo limite lo auto pubblicherò sul sito “il mio libro”.
        Nel mentre è successo che la mia amica mi ha incitata a scrivere questo tipo di storie e così mi è venuta l’idea del blog con i racconti a puntate.
        Non c’entrano molto con il fantasy, ma in realtà mi diverte lo stesso scrivere di queste cose.
        Non emergerò mai in nessun modo, per carità non mi voglio vantare di niente, anzi, tutt’altro, però almeno mi tolgo lo sfizio di provarci.

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