Morgana Nientebaci.

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– Primissimo piano -.
Due occhi castani, ma tiri ad indovinare perché non distingui bene il colore, occhi veloci, che sognano vallate e spazi infiniti, orizzonti di rondini e fruscii, occhi che nascondono tempeste e solitudini, sogni di bambina e barche a vela. E li nascondono talmente bene che se li guardi ci vedi solo labirinti di voci soffuse.

– Primo piano -.
Un viso di strade scavate, di fughe e di ritorni, di pomeriggi di febbre e rincorse, di carezze ricevute senza amore, di sorrisi disegnati col pugnale. Un viso che ha sentito sussurri non voluti, parole come sassi, respiri di sudore e spazzatura.
Odori di banchieri e clandestini, ministri e mendicanti, di doppiopetti e jeans strappati, di camicie inamidate e maglioni che sanno di tabacco e vino rosso.

– Mezzo busto –
Un collo di vene da baciare, di collane e bagnoschiuma, di regali mai voluti.
Due spalle di abbracci, di gioielli senza senso, di fatiche prese a nolo.
Seni di abbracci detestati, di mani ruvide di vetro, di bocche come draghi nel deserto, di lingue come lava nei polmoni.

– Piano americano –
Un corpo di diete e corse folli, di divani e perizoma, di schiena come a dire “passami le braccia sulla vita” non inteso in senso fisico.
Di cosce aperte senza anima, come quando “sto immaginando di essere altrove”, di gambe piegate e ginocchia su tappeti di chiodi, per regalare piaceri umilianti e spasmi nelle reni.

– Campo lungo –
Un letto a due piazze dove mettersi in croce aspettando il martirio, luci soffuse e profumi orientali, di incenso, solitudini rabbiose e istinti viscerali, pareti decorate di rimpianti e di vendette, materassi di illusioni per stenderti andando via da te, sotto a una voglia che striscia disperata, come un fiume asciutto dentro ai fianchi.
Evadere in un mondo di notti verdi e luci al neon, un posto di cieli chiari e rosmarino, per non dover vedere lo schifo di alberghi scintillanti, dove poter scegliere di non vendere il corpo ad ore, dove trovi nel cassetto bolle di sapone e sogni blu e mai preservativi e calze a rete.
Un posto dove nessuno è un’isola e l’anima non si incarta nel denaro, dove non serve essere Morgana, ma Patrizia può bastare, dove il tempo inganna gli orologi e i giorni non si perdono sul fondo di un’estate.

Una finestra che si affaccia su viali a perdifiato, in clacson accelerati e sui vetri la tua voglia di volare.
Adesso sei Patrizia, adesso respira forte, adesso togli i tacchi, cammina a piedi nudi, accendi la tua radio, lo senti? C’è Peter Gabriel che canta Shock the monkey, ti viene voglia di ballare, ti viene voglia di dire “ce la posso fare”.
Registrati i pensieri, adesso sei Patrizia e vieni da lontano, hai incendiato i progetti di ragazza, hai perso per strada i sorrisi le illusioni, hai incontrato i tuoi miraggi e li hai lasciati lungo il fiume, ma stai tranquilla, stanno bene. Stai per metterti a cantare
Ma bussano alla porta. Ricordati Morgana: niente baci.

– Campo lunghissimo -.

“Le prostitute sono più vicine a Dio delle donne oneste: han perduto la superbia e non hanno più l’orgoglio.” (Anatole France – Il giglio rosso)

Tori Amos: Cornflakes girls

Di camere, pentagrammi e poco rumore. E un po’ di più.

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Immagine presa dal web

Ci sono persone che più di altre hanno bisogno della loro camera del silenzio.

Sono quelli che hanno il buio in fondo agli occhi un po’ più nero, il miele sul palato un po’ più amaro, il mare dentro dentro all’anima più profondo.
Quelli che si perdono dentro un’illusione, che tutte quelle parole nella testa fanno un gran rumore, che vi passano vicino lungo i marciapiedi, ma non sanno neanche loro dove son finiti coi pensieri.

E li vedi seduti in una stanza a fissare un muro, perché non sapendo più dove guardare, si sono rifugiati dietro un orizzonte da inseguire, perché fa male sentirsi fuori posto e non poterlo dire e allora è meglio non avere sguardi da giustificare, sono note sparse sopra un pentagramma senza concerti in cui poter suonare.
Sono quelli che respirano a fatica davanti ad un sorriso inaspettato, perché temono di sgualcire quei secondi di bellezza assoluta che svanisce, quelli che non sanno dove andare ma è tutto perfetto, che non è mica la prima volta che vanno in giro per istinto, che anche se si perdono ormai non ci fanno più caso. E vanno a senso.

Quelli che restano in silenzio perché poi lo sanno, che a parlare da soli un po’ ci si confonde, mentre tutti gli altri fanno la loro parte, loro sono bolle di sapone dentro un vento forte, che basta un gesto insolito per farli svanire.
Sono quelli che fra le loro pareti sanno cosa fare, ma se li metti davanti ad uno sguardo, vorrebbero scappare o incarcerarsi dietro ad un paio di occhiali scuri per poter respirare, quelli che non hanno quasi niente da farsi perdonare, ma nonostante tutto vorrebbero non farsi notare.

Sono quelli che smaniano per provare a parlare, ne hanno un bisogno infinito, ma non è da tutti riuscire a sostenere un ideale senza lasciarsi trucidare dalla paura di non essere all’altezza di aprire bocca ed iniziare a sparare. Sono quelli che chiudono a doppia mandata e gettano la chiave, perché far uscire parole è come stare nudi davanti ad un tribunale, “e signor giudice io nego tutto, lei è un uomo che ha studiato, non le ho mai detto “amore tu mi manchi”, io l’ho solamente urlato”, ma nessuno l’ha sentito, che certe grida è meglio ignorarle, che certe donne non si meritano di fare le infermiere ad un matto, che certe volte è meglio non parlare perché quando va tutto bene non serve dirlo. Quando va tutto bene è meglio non saperlo.

Sono quelli che si sono chiusi fuori dalla confusione, per non sentire il peso di chi vuol sapere, di chi ti chiede se stai bene solo per fare conversazione, ma se poi rispondi non ti stanno neanche a sentire; sono quelli che saprebbero volare, che danno un peso alle parole, che davanti a certe labbra il fiato non ne vuol sapere di riprendere ad uscire.

Ci sono persone che hanno bisogno di rifugiarsi nella loro stanza senza nessun rumore, , dove nessuno li potrà mai trovare, dove osservano il mondo per poterlo affrontare, dove si guardano dentro per capire se va tutto bene, che si trovano sbagliati ma se ne fanno una ragione. È il posto in cui devono imparare a nuotare perché per stare a galla in questo mare devi riuscire a regalarti un sogno,

Ci sono persone che hanno il fiato in salita un po’ più corto, che ci sfiorano lungo i viali ma sono un po’ più lontani, che tengo gli occhi un po’ più chiusi per restare nella loro stanza, un po’ di più.
Ci sono persone che parlano poco, sorridono piano, soffiano i dolori un po’ più lontano da qui.
Continuano a sfiorarci, continuano a sorriderci, continuano a ripetere che stanno bene. Ad ogni passo muoiono un po’. Ma l’importante è non saperlo.

(Questo testo è stato ispirato da un po’ di musica, qualche chiacchiera sparsa e da un post di Harahel, anche se lei non lo sa)

“Si dice che ogni persona è un’isola, e non è vero, ogni persona è un silenzio, questo sì, un silenzio, ciascuna con il proprio silenzio, ciascuna con il silenzio che è.” José Saramago, La caverna

Questa canzone non ci combina niente, lo so, ma mi piaceva…e quindi eccola qua.