La baby box. Ovvero: italians do it better.

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Allora la questione è questa: pare che oggi sia uscito un articolo sul Corriere della sera, pare che questo articolo parli di un’abitudine del governo finlandese che consiste nel donare ad ogni nuovo nato una scatola di cartone contenente oggetti utili per il bambino, pare, e dico pare, che una certa Tiasmo e una certa Claire (ma probabilmente anche altri), abbiano voluto dimostrare ai finlandesi che, anche se curano l’igiene orale biascicando il vivident xylit, noi italiani ce ne battiamo le balle e facciamo la nostra scatola (virtuale) mettendoci dentro quello che ci pare. Nel frattempo ci laviamo i denti con la pasta d’acciughe.

Detto questo, quella che segue è la mia personalissima lista di cose che mettere nello scatolone di un neonato.

– una penna e un foglio. Perché se usati bene possono fare più male di una mazza chiodata.

– una foto di Benigni che tiene in braccio Berlinguer. Perché restare un pò bambino ti salverà.

– un cuscino e una coperta. Perché sognare ti renderà libero.

– un plettro. Per far vibrare le corde delle persone che incontrerai.

– un pugno di Cassius Clay. Per ricordarti che i dolori più grandi saranno quelli che ti faranno crescere.

– la borsa del ghiaccio. Perché dopo il cazzottone di Clay credo che ne avrai bisogno.

– una cuffia da piscina. Perché prima o poi nella vita ti devi buttare.

– un biglietto della lotteria, non vincente. Perché la fortuna devi creartela da solo, i soldi facili spesso sono una disgrazia.

– una mappa stradale. Perché è un attimo perdersi in questo mondo e chiedere ai passanti non è consigliabile.

– una chiave. Ma starà a te scoprire quale porta apre. Perché io posso darti gli strumenti, ma dovrai essere tu a saperli usare bene.

– un film di Troisi. Perché a essere sempre seri….sai che due coglioni.

– un pallone di cuoio. Così se incontrerai un bimbo finlandese potrete fare una partita e dato che i finlandesi a calcio sono negati, gli farai un culo così.

– un termometro. Per simulare una febbre improvvisa la mattina, prima del compito di matematica.

– un libro di grammatica. Perché potresti essere anche un genio, ma se coniughi male i verbi non sarai credibile. (Se lo avrei avuto anch’io potrei essere un fenomeno).

– Un mazzo di carte e un bicchiere di vino. Perché, in compagnia di un buon amico ti faranno stare bene. Anche se sa tanto di casa del popolo.

– un cd originale. Anche se non sarà facile trovarlo. Vederne uno equivale a fotografare lo Yeti.

– il numero di telefono della figlia della portinaia. Perché se assomiglia alla madre…ti darà grandi soddisfazioni.

– un biglietto di sola andata. Perché io devo lasciarti libero, sarai tu a decidere se tornare. In ogni caso sarò sempre qui.

Si, direi che la scatola è pronta. Solo una cosa, vorrei dire al bambino che verrà di non avere troppa fretta, di prendersela comoda, anche perché qui, obiettivamente, la situazione non è buona.

Ok, ora che ho completato la mia lista passo la palla a voi. Mi aspetto un bel tiro all’incrocio dei pali.

Raccomandazioni per farmi arrivare lontano.

io e me

Ciao, Tu ancora non mi conosci, o meglio mi conosci già, ma non lo sai, in realtà siamo due facce della stessa medaglia, due linee parallelle che non si incontreranno mai. E se si incontrano, comunque non si salutano.

Tu sei un bambino di sei anni, vivi nel 1980, io sono lo stesso bambino ma ne ho quasi 40, ho già vissuto la tua vita e sono qui per darti un paio di dritte.

Quest’anno Babbo Natale ti porterà il Diaclone e diventerà pazzo per trovartelo, costerà una fortuna, ma anche se ha il mutuo da pagare riuscirà a fartelo avere, perchè Babbo Natale è infallibile, non ci son cazzi. Sarà l’ultimo natale in cui scriverai la tua letterina, dai non fare quella faccia, sono almeno sei mesi che non ci credi più, ma hai capito che per il momento ti conviene tenere segreta la cosa, si ma non preoccuparti, i regali continueranno ad arrivare, ah a proposito…anche della befana…ne vogliamo parlare? va bhe dai, ormai per quest’anno appendi la calza al termosifone, ma poi diglielo a quel pover’uomo di tuo padre che non importa che esca fuori a mezzanotte senza il piumino addosso per andare a prenderti le caramelle che tiene nascoste in garage da almeno sei mesi. Che poi a te quelle schifezze gommose manco ti piacciono, ma ormai devi stare al gioco e farai finta di mangiarle. invece le sputerai nella ciotola del gatto, che povera bestia, sta lievitando come le labbra di Moira Orfei.

A proposito del gatto: fossi in te eviterei di dargli una martellata sulla zampa, no, non fare quel broncio dispiaciuto, ti assicuro che lo farai, fra meno di un anno, mentre stai giocando con i playmobil, entrerà in camera tua e tu lo farai prigioniero costringendolo a dirti la parola d’ordine…che ovviamente sarà sbagliata. Si comunque sarà una botta lieve, se la caverà con poco, ma diciamo che un certo bonus di vite se l’è giocato.

Per una decina d’anni sarai un bambino estremamente timido, occhialuto, con una pettinatura assurda a “leccata di mucca”. Non spaventarti, considera che a 40 sarai ancora discretamente timido, la pettinatura sarà sempre decisamente assurda, ma con un certo brizzolato che fa tanto George Clooney “de’ noartri”, sarai occhialuto a tratti, perchè non li hai mai amati e non li amerai mai, ma non si puo passare tutta la vita andando a tastoni. O magari si puo’.
 Ma vai tranquillo, a 17 anni sboccerai. Andrai in giro con “il chiodo” (la giacca di pelle intendo, l’altro chiodo fisso lo avrai già da un paio d’anni), capelloni che sanno tanto di Napo Orsocapo e stivali Camperos neri che indosseresti anche in pieno Luglio. Che ho detto? “sbocciato”?…ecco, forse ho esagerato un po’. Certo però che la Ibanez blu elettrico che comprerai nel 1997 renderà il quadro più confortante, C’è da dire che non ti montaterai la testa, assolutamente no, ti sentirai direttamente Dio. L’amerai, come solo una cosa irraggiungibile puo’ essere amata, sentirla vibrare sotto le tue dita sarà come tuffarsi nella neve con la febbre a quaranta. Con lei romperai le palle a tutti i tuoi amici, suonerai in un liceo femminile di Copenaghen vestito da vichingo e strapperai un paio di baci ad una tipa sulla spiaggia. Vorrai strapparle anche altro, ma l’arrivo del suo ragazzo renderà tutto un tantino più complicato. Ecco, un suggerimento: anzichè correre verso il molo, prendi in direzione della pineta, magari sarai più fortunato ed eviterai di girare per una settimana con un occhio degno di un panda cinese.

A luglio dell’anno dopo fumerai la tua prima sigaretta, vomiterai anche i tortellini del veglione di capodanno, giurerai che non lo farai mai più. Eh, com’è andata?…meglio non sapere…cazzo, aspetta m’è cascata la cenere sulla tastiera…ok, dicevamo?…. Proverai anche un paio di sigarette…come dire…”addizionate”, si ok, un po’ più di un paio, ma durerà poco, come dici? se io ho smesso?, certo che ho smesso…da quanto?..oddio…ok, te lo dico da quanto…dunque…che ore sono?. No davvero ne fumerai meno di sei in tutta la tua vita. L’ultima da militare la notte del congedo. Giuro. Croce sul cuore.

Ti romperai una caviglia un primo maggio, il naso l’ultimo giorno di scuola e il crociato del ginocchio a trentasei anni facendo lo scemo sui rollerblade, che dai, lo sappiamo entrambi che a senso dell’equilibrio siamo davvero messi male.

Avrai pochissime ragazze, forse è anche per questo che continuerai a portare gli occhiali, sarai un po’ stronzo e un po’ vittima, direi che tutto sommato ci puoi anche stare, poteva andarti peggio.

Che altro…vediamo…ah si, un giorno aprirai un blog, come?, cos’è un blog?, eh, magari te lo dico fra una ventina d’anni, quando l’avrò capito anch’io.

Dai, è il momento dei saluti. Un giorno ci incontreremo e capiremo se siamo vissuti per davvero. Nel frattempo, cerca di fare buon viaggio. Prendila un po’ più con filosofia e non arrenderti. Mai.

Studia, mi raccomando, fammi arrivare il più lontano possibile, sano e salvo. E non mangiare tutta quella cioccolata, sennò arriverai a quarant’anni con un quindicina di chili da smaltire. Trattami bene,  

Ciao.

Fai il bravo.

 

 

Il coniglio Jack e l’arrosto con patate.

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Vai, questa volta si parla di sesso! Ecco, lo sapevo che avrei attirato la vostra attenzione, se avessi detto “si parla di astrofisica” avreste tirato dritto, magari lasciando un “like” da intrepretarsi come “si, bravo…ho visto che hai scritto qualcosa, qualcuno lo leggerà prima o poi”.

E invece no, oggi ci vado giù pesante, si insomma, cercherò di essere discreto, ma non prometto niente.

L’argomento per qualcuno è tabù, perchè pur essendo nel terzo millennio, super emancipati, moderni, e social-muniti, ci sono ancora alcuni aspetti della nostra normale vita quotidiana (e sottolineo normale) di cui è meglio non parlare, il classico “si fa ma non si dice”, tipo come quando il panettiere non emette lo scontrino. Ecco, i sex toys sono uno di questi argomenti.

Oggetto tanto discusso quanto nascosto, il vibratore fa gemere le donne di piacere e sudare gli uomini di terrore

Perchè diciamocela tutta, come idea di fondo potrebbe anche stuzzicarci la fantasia, si insomma, dai, una variazione sul tema, ogni tanto, non sarebbe neanche male, ma temiamo, tutti, indistintamente, che quel surrogato del nostro amichetto possa diventare il “titolare dell’azienda”. Detto in parole povere, abbiamo il terrore concreto del “questo regno un giorno sarà tuo”…e cioè esiste in noi, in tutti noi maschi alfa,  il timore che le donne possono arrivare  alla consapevolezza, non troppo remota, che di noi uomini, in fondo in fondo si possa anche farne a meno.

Non solo, siamo perdenti su vari fronti: Il giocattolo prende il nostro posto senza chiedere permesso, ed è rigorosamente sempre più grosso del suo collega,

Insomma qualcosa deve essere andato storto durante la creazione, forse…c’è stata una divinità onnipotente che si è inventata il principio maschile e quello femminile: ma poi nota che qualcuno non fa bene il suo dovere e cerca di sopperire alla sua mancanza.? Forse, oppure più probabilmente, la colpa di tutto questo fiorire di sollazzi alternativi è da imputare a Charlotte di “Sex and the city” e al suo stramaledettissimo Jack Rabbit, lontano parente di Roger ma con un impatto molto più devastante sull’autostima maschile.

Ci sono dei veri e propri esperti, luminari della scienza o del ca….(ehm, ho promesso di non essere volgare) che rincarano la dose, indicando alcuni sex toys che le donne non sanno di avere in casa…e qui la cosa è davvero grave, è come se il direttore del carcere di Sollicciano dicesse ai detenuti “non riuscite ad evadere da soli?, tranquilli, stasera vi lascio aperta la porta sul retro” (il doppio senso in questo caso era involontario). Ecco, ora io vorrei proprio fare il perfido e lasciarvi con la curiosità, care donne, ma in fondo, ho un animo nobile e vi risparmierò la fatica di andare a cercare su Google ( tanto lo so che lo avreste fatto e forse lo farete comunque).

Il piumino per spolverare: l’avete presente si? quello con il manico in plastica e la testa di Rod Stewart. L’importante è non invertire il lato da usare, perchè se il vostro uomo fosse allergico agli acari della polvere, quando andrà a ficcare il naso nella vostra “cassaforte” potrebbe iniziare a gonfiarsi come la bocca di Nina Moric.

La collana di perle: pare sia consigliato usarla insiame ad un olio lubrificante. Il flacone da 4 litri di Castrol Gtx 10w40 potrebbe fare al caso, ricordate solo di cambiarlo ogni 20.000 chilometri.

Il pennello da trucco: di quello con le setole ampie, per la cipria o il fard, io non ho la più pallida idea di che cosa sia, ma voi sicuramente lo sapete. Personalmente uso sempre quello da barba, con setole di tasso (inteso come animale e non come percentuale di interesse), ma non mi da grande soddisfazione, anzi, una volta finita la rasatura sembro uno che è caduto di faccia in un cespuglio di pruni. Però oh, contente voi, magari usate un dopobarba senza alcol altrimenti vi si incendia il viso come l’Uomo torcia.

Lo spazzolino elettrico: c’è bisogno di aggiungere qualcos’altro? l’igiene orale è importantissima, infatti ho scoperto che alcune donne fanno di questo strumento roteante un uso, diciamo…”alternativo” al solo scopo di aiutare il partner a combattere l’alitosi. (se non l’avete capita fatemi un cenno che la riscrivo usando un livornesismo).

La spazzola per capelli: ecco, ora uomini l’avete capito perchè le nostre donne hanno la fissazione di pettinarsi continuamente? La prossima volta che ci dicono “caro vado in camera a darmi una pettinata” noi sfondiamo la porta e aiutiamole a fare pure la messa in piega.

La cravatta: da usare come benda per gli occhi. Perciò se rientriamo in casa e la troviamo seduta su una sedia legata e bendata con la cravatta del nostro matrimonio, aspettatiamo un attimo prima di chiamare i carabinieri e denunciare una rapina. Oh svegliamoci, è un nuovo gioco erotico. Ecco, nel dubbio però diamo un’occhiata anche sotto il letto, se siamo fortunati il “rapinatore” è ancora lì sotto.

Il foulard: sembra che serva per fare un po’ di soft bondage. Considerando che non ho ben capito cosa sia il bondage, posso però affermare che l’unica cosa soft che mi da veramente piacere fisico sono i muffin alla nutella della pasticceria “da Otello”. Comunque è fortemente sconsigliato usare foulard di seta, i nodi posso essere difficili da sciogliere, e soprattutto, chiamare il vicino di casa per liberarvi e farvi trovare in canottiera bianca da muratore sloveno, boxer con tutti i personaggi di Spongebob e calzini spaiati, potrebbe essere leggermente imbarazzante.

Le candele: un grande classico che non passa mai di moda, le usava anche mia nonna, ma solo per trovare l’interruttore della luce. Mi sento però di darvi un consiglio, noi uomini dimentichiamo spesso (si, nel mio caso…spesso… e un po’ di più) tutte le ricorrenze, perciò non stupitevi se entrando in casa il vostro compagno vi farà gli auguri di compleanno. Anche se l’avete festeggiato la settimana prima. Ma voi non rassegnatevi, la sera dopo fatevi trovare con le autoreggenti nere, sottoveste nera e possibilmente un mascherina sexy, giusto per creare quell’alone di mistero….uhm, no, forse non è il caso, mi immagino la scena, voi gli aprite vestite in quel modo e lui vi dirà “oh Zorro, che c’è per cena?”…no decisamente meglio non rischiare.

Poi ci sarebbero anche le cinture dei pantaloni, ma quelle ve le sconsiglio proprio, se noi uomini entriamo in casa e vediamo la nostra donna tenere con entrambe le mani la cintola dei nostri calzoni, immediatamente ci buttiamo in ginocchio giurando che non lo faremo più, che è stato solo un colpo di testa e che amiamo solo voi.

Insomma cari colleghi maschi, la situazione non è delle migliori, ma forse ci possiamo ancora salvare, non so, magari proviamo per un attimo a mettere la clava per terra, oh, chiaramente però sempre a portata di mano, intendiamoci, e cerchiamo di accompagnare le nostre…chiamiamole effusioni (si da…ci siamo capiti) con qualche parola che sia leggermente diversa dal grugnito del cinghiale maremmano nella libera campagna toscana, magari andiamo per gradi, iniziamo con frasi brevi, poi piano piano aggiungiamo qualche complemento oggetto (no oggetto no, le donne con la parola “oggetto” ci fanno sempre dei casini), ecco, un bel complemento d’arredo, quello si….e poi dai, cerchiamo di essere pazienti, non andiamo subito al sodo, si, lo so che alle 20:45 c’è il posticipo di campionato, ma di solito nei primi 5 minuti le squadre si studiano, anche se arriviamo sul divano al decimo del primo tempo non sarà un problema, poi oh, se proprio ci va di sfiga, nell’intervallo fanno tutta la sintesi (eh, lo so che non è la stessa cosa…si però oh dai, facciamo un po’ di compromessi, su).

In definitiva: Per  scongiurare la disoccupazione da vibratore, gli uomini dovrebbero recuperare la lentezza del manuale. E il dono della parola.

Ragazzi so che ce la possiamo fare, insieme riusciremo a vincere, come ci diceva il mister prima della sfida con la capolista.

Transennatemi !

coda

 

Io sono da sempre un amante delle file, ma non di quelle da dieci minuti alla posta, che ti sembrano diecimila ore, no, mi riferisco a quelle che durano mezza giornata. Le adoro proprio.

Ecco, detta così, qualcuno potrebbe allarmarsi e chiamare il reparto psichiatrico del più vicino ospedale e forse non avrebbe neanche tutti i torti, ma la mia, chiamamola, passione ha un suo fondamento: si, perchè quello delle file è un microcosmo a parte, è uno spicchio di mondo immobile mentre tutto intorno va veloce, e allora, fra persone immobili ci si conosce meglio, possiamo sbirciare un po’ la vita degli altri e sbuffare insieme per il tempo dell’attesa che non passa.

Di solito mi fermo sempre a studiarli un po’ “quelli” in fila, mi viene sempre la tentazione di accodarmi, così, senza un motivo vero, per il solo gusto di assaporare il “tempo fermo”.  E’ un ambiguo fenomeno sociale che possiede tutte le molteplici caratteristiche delle umane debolezze, comprese quelle più grottesche, ma non per questo, negative. E’ un bacino di raccolta di insoddisfazioni e dietrologie. Ok, ora la smetto di sparare minchiate e inizio a “parlare come mangio”

La fila è (quasi) democratica, non conta la tua estrazione sociale, il tuo vissuto, il ruolo che ricopri in questa società, spesso dei magnaccioni. Devi startene lì, insieme alla massaia che odora di soffritto e al pensionato con la prostata come una mongolfiera, con il tuo numeretto che continui a guardare ad intervalli regolari, nell’incoffessabile speranza che la cifra stampata sopra possa cambiare.

E più l’attesa è lunga, più la vera natura delle persone si manifesta in tutta la sua potenza distruttiva. Infatti se all’inizio i componenti sono tutti degli austeri soldatini disciplinati, impettiti, con lo sguardo fiero e la mascella volitiva, pian piano lo scenario cambia e il livello di sbraco è direttamente proporzionale alla rottura di balle. Gradualmente la tensione si scioglie e i rapporti umani aumentano. Iniziamo a scambiarci confidenze, a darsi ragione l’un l’altro, a spettegolare sulla moglie dell’assessore e a inviare qualche insulto gratuito a Silvio, così, a fiducia, che sul momento potrebbero anche risultare avventati, ma prima o poi torneranno utili. Un po’ come quando la nonna ci faceva le calze di lana lavorate a maglia in pieno luglio.

Puo’ sembrare incredibile ma il tempo che trascorriamo in fila è una manna dal cielo, non facciamo gli ipocriti dai, non è tempo perso, è un’occasione per tirare il fiato e per poter parlare da soli ad alta voce senza essere presi per pazzi. A vederli così mi ricordano sempre il signor Dogale, un personaggio decisamente strampalato che abitava nel mio quartiere, camminava da solo e inveiva contro tutto e tutti, si incazzava perchè faceva caldo, perchè i puffi erano blu, perchè non nascevano i funghi e perchè la fiat aveva creato la Duna (e qui non mi sento di dargli torto), tutti lo guardavano e ridevano, poi un bel giorno qualcuno gli regalò un auricolare bluetooth e nessuno fece più caso a lui. E poi dai, diciamocelo, molti fanno la parte dei sacrificati ma in realtà non hanno una mazza da fare.

Un paio di giorni fa, mi sono fatto ben quattro ore di coda, accompagnando una persona (speciale) che doveva realizzare un suo desiderio (sempre speciale). E così sono stato catapultato in un piovoso martedi pomeriggio, in una libreria nel cuore di Firenze insieme ad altri settecento invasati, anzi invasate. Si perchè la maggior parte delle persone erano donne/ragazze/varia umanità. E dopo circa mezz’ora è iniziato un tripudio di bimbeminkia che si facevano l’auto-foto con l’Iphone 5, io mi vergognavo come un ladro a tirar fuori il mio 4S, acquistato ormai nel lontano Marzo 2013 e appartenente all’era paleozoica. Ma si sa, il divertimento è contagioso e allo scoccare della prima ora di attesa ho iniziato a notare anche una moltitudine di mammeminkia che emulavano le mosse delle giovani pulzelle. A metà della seconda ora le chiacchere si sono fatte più intense e praticamente conoscevo i cazzi di almeno 150 persone, abbiamo iniziato a fidarci l’un l’altro: c’era la ragazzina che ” chi se ne frega se piove, pur di vedere “lui” mi prendo pure la polmonite”, la segretaria quarant’enne che “speriamo che non mi becchi il mio capo perchè dovrei essere a casa malata, ma per “lui” sarei disposta anche a farmi licenziare”, la madre di famiglia che “speriamo che non mi becchi mia figlia sennò faccio una figura di merda stratosferica, ma per “lui” potrei stirare camicie a vita” e il giapponese che “ma come sono  belli tutti questi animali domestici transennati, faranno parte del paesaggio?, nel dubbio scatto foto”. E io che guardavo tutte quelle donne e ripetevo alla mia accompagnatrice “oh, non fare scherzi….chiamami zio”.

Insomma per 4 ore ho condiviso, paure, inquietudini, panini al prosciutto, odore di piedi, sogni svaniti, grandi amori, rotture di palle, canzoni, libri rubati (signor Feltrinelli…io sono innocente), mariti in ciabatte la domenica pomeriggio, amiche mignotte che ti rubano il fidanzato, racconti di concerti, matrimoni passati, ricordi di spiagge, occasioni mancate….e il tempo è passato , “lui” è arrivato dispensando sorrisi e autografi, in 25 secondi eravamo fuori, il  giapponese era ancora dall’altra parte delle transenna a scattare foto, la “mia” persona speciale aveva gli occhi sognanti e io mi sarei fatto altre 10 ore di fila pur di rivedere quegli occhi.

Solo una cosa…senta signor…Marco Mengoni, non per essere pignolo, ma la prossima volta prima di fissare una data a casaccio, potrebbe mica controllare le previsioni del tempo?…no perchè c’ho un raffreddore da urlo.

John e Adelmo, ovvero: barbieri e bagnoschiuma.

marilyn_warhol

Questa volta voglio rischiare grosso, metterò a repentaglio la mia, già peraltro precaria, reputazione.
Chiedo alle signore che seguono questo blog di tapparsi le orecchie, anzi gli occhi, ok tappatevi entrambe le cose, che forse è meglio.
Si perchè questo post parlerà di donne, perciò preparatevi ad affilare i coltelli, caricare i bazooka e a sfoderare lo sguardo di sfida che solo voi avete. E vi vedo già pronte, mani sui fianchi con quell’espressione che dice “avanti, cialtrone che non sei altro, fatti sotto”.
Ok, inizio e vediamo che succede.

Mi sono manifestato a metà degli anni settanta, sicuramente mi sono perso un sacco di cose, una su tutte, le canzoni dei Beatles e quelle dei Rolling Stones e le rispettive schiere di fans che si sfidavano a colpi di “yellow submarine” e “Angie”, ma che diamine, nel bagaglio della mia piccola cultura musicale sono presenti pezzi di entrambe le fazioni. Certo, dovendo scegliere, mi sarei schierato dalla parte del buon vecchio Mick Jagger. Comunque, per non sapere nè leggere nè scrivere, dico solo….  Pink Floyd.

È però un dato di fatto innegabile che John Lennon possedesse una capacità unica: riusciva a raccontare un mondo in tre minuti.
Forse era costantemente in uno stato di beatitudine dantesca, aveva il dono della poesia o più semplicemente conosceva un ottimo pusher. La storia poi ha fatto di lui una leggenda. Di Jonny intendo, del pusher si sono perse le tracce. Purtroppo.
Fatto sta che in “Women” c’era tutto l’amore per Yoko e tutto l’amore per le altre che non si chiamavano Yoko.
Era il 1981 e a risentirla adesso, risuona effettivamente un pò fuori moda, ma oh, ragazzi, ce ne fossero di canzoni così.

Pochi anni dopo un ragazzo sbarbato, pulito e (forse) profumato sarebbe salito sul palco di Sanremo a cantare “Donne”, classificandosi ultimo, o poco più.
In seguito il pezzo di Zucchero ottenne il successo che meritava. In compenso lui dichiarò guerra ai parrucchieri e al sapone.

Chissà se oggi le radio continuano a trasmettere questi due pezzi, forse solo Radio Nostalgia Canaglia con Maurizio Seymandi alla consolle. Ed è un peccato perchè in quei tre minuti di facile ritornello c’era però un bellissimo tratteggio di quello che era, e che è, l’universo femminile. Un mondo difficile da incasellare, che affascina e fa tenerezza, che vuole essere coccolato ma non consolato, che da un lato aspira al potere, dall’altro sogna la galanteria.
Per questo è così difficile parlare delle donne: sono un argomento complesso. Perché non basta conoscerle come un antropologo, bisogna amarle a prescindere. Altrimenti non ne veniamo a capo. E comunque non ne verremo a capo.

Ok, l’idea è questa: improvvisiamoci dei novelli Mogol (o chi volete voi) e proviamo ad aiutare il buon Sugar, a scrivere nuove strofe per il suo pezzo. Sorvolo sulla canzone di John perchè l’inglese riesco a malapena a fischiarlo (nonostante un diploma di liceo linguistico in tasca)

Insomma questi sono i miei tipi di donna, non ho detto le mie preferite, diciamo che sono quelle che colpiscono di più la mia attenzione. Perciò Adelmo, tosati, fatti un bagno e prendi carta e penna.

  • donne perennemente a dieta
  • donne in palestra a spiarsi le tette
  • donne in carriera che vanno al lavoro in corriera
  • donne che abbinano l’orologio a biologico
  • donne che se potessero si tirerebbero i capelli
  • donne che stirano ascoltando De Gregori
  • donne che si ritrovano nelle canzoni di De Andrè
  • donne che quanto cazzo ci mette a comprarsi un paio di scarpe?
  • donne che arrivano e ti cambiano la vita
  • donne che si mordono il labbro aspettando una risposta
  • donne che vogliono più fare figli che allevarli
  • donne che camminano sul bagnasciuga con i pantaloni arrotolati
  • donne in bicicletta che sorridono
  • donne in primavera con un abito a fiori
  • donne nel vento come la sposa di Kokoschka
  • donne che scrivono parole sui vetri
  • donne felici di guardarsi allo specchio
  • donne che sognano ai matrimoni delle amiche
  • donne che ripassano il trucco ai semafori
  • donne che sanno chi è Rocco Dicillo (non lo cercate su wiki sennò vi ritiro il compito)
  • donne coi Ray ban aviator che guidano la Smart
  • donne che odiano la mimosa perchè puzza
  • donne che al primo schiaffo preso non restano a prenderne altri ma se ne vanno sbattendo la porta

Si, lo so, la metrica lascia a desiderare e le liste nei blog iniziano ad essere inflazionate, ma dopo la storia della mela c’ho preso gusto.
Comunque, oh, questo è un cantiere aperto, se volete contribuire siete i benvenuti (uomini e donne intendo), però fate attenzione….le liste creano dipendenza.

La mela

Allora io sono Satana. Dio ha appena creato il mondo, ci ha messo solo sei giorni per un lavoretto davvero niente male. Non ha lasciato nulla al caso e al caos, è tutto ordinatissimo: le piante, i laghi, i fiumi, le cascate, i cerbiatti puffolosi, la volta celeste, i caldi caldi, i freddi freddi, la galaverna, le mezze stagioni, c’è anche lo stupidissimo e gentilissimo dodo. Il mare, mare a perdita d’occhio e in ogni foggia, il mare oceanico, il mare morto, il mare gelato, il mare salato. E da quel mare, le terre emerse, il deserto, la terra fertile, la savana. la steppa, la tundra. Crea anche i muschi e i licheni. E siccome i muschi e i licheni gli sono riusciti bene, crea Adamo ed Eva.

Allora, io sono Satana. No, non Santana, vedete chitarre? No Satana, quello originale. Quello che per un errore giudiziario è stato mandato laggiù, a crepare di caldo come i pizzaioli a ferragosto, dove c’è proprio la crema della bella società: i ladri e le fattucchiere, gli assassini e le meretrici, i golosi, i puttanieri e i furbi del quartierino. Ecco, sembra di stare in parlamento e io sono il presidente del consigl…ehm…del Milan…ehm…l’amministratore di condomino.

Eh certo, si fa presto a giudicare a dire che sono il male assoluto, come no, eppure non è tutto da buttare, ci sono cose interessanti e vorrei tanto metterle di nascosto in quella maledetta mela. Forse non sono così malvagio come sembra, in fin dei conti, anche se decaduto, resto sempre un angelo. Ho fatto delle cose buone. E poi oh, anche Scillipoti avrà detto buongiorno a qualcuno almeno una volta nella vita.

Perciò Adamo, senti me, prima di iniziare a dire cazzate come tuo solito, queste sono le cose che troverai nella mela, e se ti conosco un po’, dopo che le avrai provate, ti mangerai tutto il frutteto.

  • Il gol di Paolo Rossi nell’82
  • i freni a mano nel piazzale dei carabinieri
  • accompagnare un amico a fare una visita prostatica e dopo stringere la mano al dottore
  • la salopett di Woody Guthrie
  • baciare la tua donna tutta sudata
  • il letto che cigola mentre fai l’amore
  • la bottiglia di whisky di Robert Johnson
  • andare allo stadio nella curva avversaria ed esultare di nascosto (oh, erano finiti i biglietti, porco me, cioè, porco diavolo)
  • stare un po’ da solo
  • prendere una multa e offrire una sigaretta la vigile
  • guidare sobrio alle quattro di mattina con tre amici gonfi sui sedili posteriori e sentirti onnipotente
  • spellarsi le falangi suonando una chitarra
  • scoprire che sarà femmina e addormentarsi al saggio di danza
  • Guardarla dormire
  • rompere il vetro di una finestra sul cortile con una pallonata
  • elencare tutte le posizioni del kamasutra che faresti con la strafiga che sta attraversando la strada e scoprire che è la compagna del tuo interlocutore.
  • Caricare un paio di amici, partire senza meta e ritrovarsi a Pavana a suonare il campanello di Francesco. Guccini.
  • L’odore delle auto nuove
  • fare l’amore e non solo scopare
  • non avere tatuaggi e sentirsi comunque un guerriero

Ecco, io sono Satana, questa è la mia mela, Adamo non posso fare altro per convincerti, in fin dei conti esiste il libero arbitrio.

Questa è la versione maschile, ma siccome anche gli angeli decaduti non hanno sesso, vi invito a leggere quella della mia amica satanassa Tiasmo

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Paese che vai password che trovi.

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Sono costretto ad ammetterlo, da un po’ di tempo a questa parte la mia memoria mi sta facendo strani scherzi. E quando dico “un po’ di tempo” intendo da 39 anni ad oggi. Oh, intendiamoci non è una patologia, almeno non credo perchè non ho mai idagato, preferisco rimanere nel dubbio, forse ho semplicemente un rincoglionimento genetico, che l’avanzare dell’età matura (ahahah matura…bella questa) non sta certo aiutando a migliorare. Le difficoltà maggiori si presentano nel ricordare i numeri. Considerando che il mondo si muove a password e codici pin ho detto tutto.

Per fortuna ho notato che questo non è solo un problema mio, il che è consolante, una sensazione piacevole, come quando stai per essere incriminato per aver evaso cento euro al fisco e in quel momento entra Silvio.

Ho fatto una piccola indagine e ho scoperto che la maggior parte di noi è molto pigra quando si tratta di dover inventare una sequenza alfanumerica che metta al sicuro i propri dati. Le più usate sembrano essere 0000 1234 e 1111. In perfetto stile Balle spaziali. Il problema principale è rappresentato dalla quantità di chiavi d’accesso segrete, webnaute e non, che siamo costretti a memorizzare, per svolgere le funzioni minime di chi si siede davanti ad un pc o smanetta con lo smartphone.
Purtroppo l’aumento esponenziale, inibisce la fantasia: credoi che saremo tutti d’accordo nell’affermare che sarebbe meraviglioso ingegnarsi nel creare sequenze alfanumeriche che contengano magari anche qualche carattere asiatico tipo “icinesicelhannodi7centimetri”.

Parliamo proprio dell’abc: il pin del telefono.Livello di difficoltà: semplice. Quattro cifre che la maggior parte di noi compone abitualmente almeno una volta al giorno. Ecco, il mio vive attaccato a una qualsiasi forma di cavetto succhia corrente, sembra, un malato terminale con la flebo di elettroni sempre sparata in vena. Non importa che sia la presa del muro o l’accendisigari dell’auto, è di bocca buona, non si formalizza. L’importante è non farlo spengere. Ho un cassetto pieno di telefonini perfettamente funzionanti, ma condannati ad una forzata eutanasia perchè non ho la più pallida idea di quale sia il loro codice pin. Comunque l’esperienza insegna: il codice del mio iphone l’ho salvato direttamente nella rubrica, del telefono stesso ovviamente, ehhh mica so’ fesso.

Bancomat. Livello di difficoltà: teoricamente facile. Ecco, considerate che il mio pin del bancomat è molto, ma molto, ma molto simile a quallo del telefono (giuro!!!), così mi ritrovo alla cassa del Conad con il cellulare in mano a recitare il rosario sull’elenco dei contatti sperando che Sanculo mi faccia la grazia. Perchè, quando ci si mette, il fato sa essere veramente bastardo.

Il Codice puk: livello di difficoltà: mavvaffanculovai. Se qualcuno di voi lo sa a memoria vi prego di non farmelo sapere

La password del pc: e qui sono stato originale. La mia data di nascita. Si bravi, ridete, ridete, la potranno pure scoprire, ma siccome sono un genio, c’ho messo un carattere speciale alla fine, che nessuno saprà mai. Un bel punto esclamativo ! Giusto per renderla particolarmente enfatica.

Password dell’account di posta elettronica personale e di lavoro: La seconda, quando finalmente la ricordo senza difficoltà, scade e, neanche a dirlo, non posso più riutilizzarla (che spreco).

Ma si sa, noi italiani siamo un popolo estroso, a parte Lapo Elkann, e se ci mettiamo d’impegno le cose le sappiamo fare bene. C’è chi predilige blindare i suoi dati con il nome della squadra del cuore, qualcuno un po’ più astioso, utilizza quello della squadra o della città rivale seguito da un insulto, dalle mie parti per esempio quella su Pisa è la più gettonata; c’è chi si rifà al cinema e usa “etrom” come in Shining (inquietante), chi sceglie la targa della macchina (cosa per me assolutamente inconcepibile), chi mette il proprio gruppo sanguigno, come un tizio che conosco che ha messo “Barbera96”,

In tutto questo marasma di codici, parola e nascondigli in stile Matrix, secondo m è meglio andare sul sicuro e usare sempre la stessa password, certo, se qualcuno te la scopre puo’ prosciugarti il conto corrente e telefonare in Nuova Zelanda. Però i cambiamenti in questi casi posso risultare altamente deleteri.

In questo clima, rischi di accendere il tuo computer e digitare infinite volte il codice corretto, fino a quando arriva lei che ti dice “Caro, sai, ho cambiato la password al tuo pc, l’ho sostituita con la data del nostro anniversario”.  Il mondo si ferma. Vedi rotolare un cespuglio come nei film western e l’unica cosa che riesci a pensare è che questa si chiama “cattiveria” !!!

Perchè gli inglesi la sanno lunga in fatto di suine.

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So che detto così puo’ risultare un proclama estemporaneo, ma per il mio lavoro (si vabbè…lavoro) è consigliabile guardare i cartoni animati.
Fra tutte le diavolerie che cerco di vendere per portarmi a casa un tozzo di pane e mezza razione di croccantini per il cane (anche se lui è di gusti difficili perciò a volte ci scambiamo la cena) c’è il meraviglioso mondo dei giocattoli, perciò spesso mi sparo un paio d’ore di Ray Gulp. Yoyo, Disney Channel e altri dai nomi impronunciabili per studiare le pubblicità con le quali i grandi geni del marketing manipolano la volontà dei piccoli spettatori. Probabilmente lo scopo finale è quello di aiutare le famiglie che vivono al limite della soglia di povertà a scendere definitivamente sotto tale soglia. Così senti bambini di sei anni che fanno le bizze per il Clem Pad da centocinquanta euro dicendo al povero genitore di turno: “tanto se non me lo compri tu, lo chiedo a Babbo Natale”.
Ecco, questo è un accorato appello ai bambini di tutto il mondo. Sentite piccoli ingegneri del Lego Creator, Babbo Natale si fa un mazzo così per raccattare un po’ di mangime per le sue renne, il capo dei folletti gli scartavetra le palle tutti i santi giorni facendogli presente che non ha ancora raggiunto il badget del fatturato, il direttore del Monte dei Paschi di Rovaniem gli ricorda che la rata del muto incombe. Il povero vecchio non puo’ far altro che prendere atto di tutto ciò, meditare sulle possibili soluzioni e alla fine proclamare un laconico “si vabbè….’sticazzi”. Perciò attenti, che quest’anno Babbo Natale potrebbe prendersi gioco di voi, quindi anche se vi sentite grandi perchè avete la stessa taglia di pantaloni di Brunetta, state in campana.

Comunque, Santa Claus a parte, guardando i cartoni della new generation non riesco a trattenermi dal fare confronti con quelli della nostra. La medioeval generation.

Negli anni ottanta io ero un bambino, come dire, semi trasparete, nel senso che non si notava la mia presenza, quando capitava di essere invitato ai compleanni dei miei colleghi scolaretti, dopo circa ventisette secondi tendevo a prendere i colori della carta da parati. Spesso mi vestivo direttamente come la tappezzeria del divano. E vaffanculo. Cercavo di colmare la mancanza di vita sociale rifugiandomi nella grande madre televisiva, perciò il pomeriggio dalle 14 alle 18 non mi facevo trovare da nessuno. Anche perchè nessuno aveva la minima intenzione di cercarmi, (ok, la smetto con questa atmosfera da piccola fiammiferaia).

E allora si iniziava con quelli fanta sentimentali tipo  Il fantastico mondo di Paul dove il protagonista insieme alla sua Nina sfidava tutta una serie di mostri con l’aiuto di un orsacchiotto che sputava raggi laser dagli occhi. Ecco in quel periodo mi regalarono l’orsetto di Coccolino che si trovava insieme al flacone, lo decapitai all’istante.
Oppure la Dolce signora Minù che se usava un particolare cucchiaino da caffè si rimpiccioliva di brutto. Quando veniva la vicina dell’Abruzzo con l’alito che sapeva di cane bagnato tiravo fuori tutta l’argenteria e gliela sventolavo davanti. Lei non si rimpiccioliva mai, ma mi guardava con aria compassionevole e poi consigliava a mia madre di portarmi da un esorcista.

Poi c’erano quelli sportivi come Grand Prix il campionissimo oppure il mitico Judo Boy che aveva un sigla fantastica di cui comprendevo metà delle parole tipo “Judo boy judo” per me era “Judo va ‘gnudo” e infatti non capivo per quale motivo fosse sempre vestito…

Infine i robot, si ok, Ufo Robot,  Jeeg Robot, Mazinga…tutta roba commerciale, no, il mio preferito in assoluto era Astroganga, che a guardarlo adesso mi rendo conto che assomiglia decisamente a Calderoli e infatti, lo ammetto, faceva decisamente cagare, ma mi piaceva essere alternativo.

Che dire, devo veramente fare un confronto con quelli di oggi?, sarò buono, ne prendo uno a caso…Peppa Pig.  E’ bello vedere i bambini completamente invasati seguire le gesta di una famigliola di maiali dalla testa con una forma equivoca. Se si perdono un episodio diventano come i Gremlins una volta bagnati. E’ un cartone animato inglese e praticamente la famiglia reale britannica sta sterminando le giovani menti tramite un maiale (femmina). Che se avessero un po’ di pazienza i maschi del futuro se la caverebbero benissimo da soli, fa più danni un maiale (femmina) di uno sciame di cavallette. Il padre di Peppa poi, è lo stereotipo del padre perfetto: gioca sempre con i figli, impacciato, ingrassato e bonario. Vedo padri alti e prestanti che hanno fatto apposta tre figli perchè giochino fra di loro e li lascino in pace Non c’è partita, sono perdenti su tutti i fronti

Ci stiamo tutti “pinkizzando”, perciò non ci resta che riderci sopra,  non prima di esserci buttati per terra a pancia all’aria. Ma a 40 anni alla lunga il mal di schiena poi rischia di non passare più.

Perciò rassegnamoci, ai nosti tempi ci mettevamo l’asciugamano sulle spalle a mo’ di mantello e lanciavamo i raggi gamma. I nostri figli probabilmente inizieranno a grugnire, c’è solo da sperare che almeno lo facciano in inglese. “God save the Queen. But also Peppa Pig”

Anche Capitan Harlock ha il suo “piccolo” problema.

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Allora, so già che a questo giro mi farò un bel pò di nemici, ma ultimamente sono diventato un amante del brivido e del chissenefrega.

Dietro a casa mia c’è una scuola elementare, niente di che, una normalissima scuola di quartiere, quasi mimetizzata fra le case che la circondano, ad occhio nudo non vedo particolari minacce, tantomeno animali feroci che potrebbero mettere a repentaglio l’incolumità dei piccoli alunni. Ecco, allora mi chiedo quale sia l’utilità di portare i bambini a scuola col Suv.

Certo, che a prendersela con i Suv, gli Hummer e i gipponi guidati in città anziché in posti più consoni alle loro dimensioni, si passa subito per moralisti di sinistra.

È vero che sono poche le cose che vanno criminalizzate in assoluto: a parte l’amianto e le scarpe ballerine rosa.
Persino la candeggina e l’acido muriatico hanno con ragione i loro estimatori. Abbiamo imparato che la nocività dipende dalle modalità con cui si usano, ma che ci sono casi in cui persino l’acido muriatico è un toccasana…almeno secondo Totò Riina.
Per questo sono convinto che un fuoristrada 4 per 4 sia utilissimo se si vive in una baita alpina, oppure se per arrivare alla scuola fosse necessario guadare torrenti sottoposti a straripamenti, magari sei uno yankee e devi affrontare le strade ghiacciate del Nord Dakota o del Minnesota, o devi salire su nel Maine e nei boschi dell’Acadia National Park. Ma qui, al massimo, ti può capitare di dover oltrepassare specchi d’acqua catalogabili come “pozzanghere” e, onestamente, l’insidia del loro attraversamento è minima, almeno per chi guida, un pò di più per la donnetta sul ciglio della strada che viene sistematicamente annaffiata.

C’è chi obietta affermando che una vecchia fiat Uno turbo inquina più di un Suv, e forse è vero, ma alle otto di mattina, davanti al mio cancello, non vedo Uno (nessuno e centomila…) turbo parcheggiate, Suv parecchi.

Ultimamente ho notato una crescita esponenziale di fuoristrada o affini, a occhio, un Suv ogni jackrussel.
Dal terrazzo vedo piombare sul marciapiede queste vetture enormi, sembrano l’astronave di Capitan Harlock, mi immagino sempre che scenda un invincibile titano di tre metri, si apre il portellone, vedo uscire il fumo bianco, probabilmente è polvere intergalattica, viene calata la scaletta e appare…uno gnomo di un metro e dieci con lo zainetto di Ben10.
Ora, non voglio fare il qualunquista e sfruttare tutti i luoghi comuni che conosco, ma di solito, questi mostri mangia asfalto sono pilotati da mamme atletiche e abbronzatissime. Sembrano fotomodelle (forse alcune di loro lo sono davvero), che vivono seguendo il feng shui e hanno esiliato dal loro fisico la cellulite e i peli superflui. Alcune le conosco e anche se non ho con loro rapporti di amicizia, so comunque che abitano a meno di 400 metri di distanza dalla scuola, ma se per caso provi a farle ragionare dicendo che esistono le biciclette o le scarpe da trekking, loro ti risponderanno che se intasano le strade coi loro macchinoni, la colpa è del comune che non costruisce i parcheggi e che comunque sia, mica possono farsi tutta quella strada a piedi, poi ti salutano frettolose perchè stanno facendo tardi all’appuntamento con le altre mamme per la camminata di tre chilometri sul lungomare. E qui mi fermo, altrimenti domattina queste mamme me le trovo sotto casa agguerrite e armate fino ai denti.

Ovviamente ci sono anche i piloti…maschi, e qui, non si può che dare ragione a Michele Serra quando afferma che «quei giovanotti rapati e con le lenti a specchio che guidano i gipponi difficilmente leggono le riviste dei padri comboniani, più facilmente pensano che il resto dell’umanità, quando passano loro, deve scansarsi».
Senza considerare la teoria secondo la quale la grandezza dell’auto è inversamente proporzionale all’organo riproduttivo e il Suv è, oggettivamente, grandino… Probabilmente guidare/pilotare un auto del genere può dare un senso di potenza, vigore e forza…e questi termini la dicono lunga sulla validità della “nostra” tesi…

Pare che questi “mega shuttle” abbiano consumi accettabili e prestazioni eccellenti e qualunque venditore di auto che si rispetti ti darà garanzie sulla loro affidabilità e sicurezza. Compra fiducioso, tutte le promesse verranno mantenute, anche se…per non mantenere una promessa non occorre più essere un marinaio, basta aver cantato sulle navi.

Spero di essere perdonato dai miei lettori che possiedono un Suv, non la prendete sul personale, sono solo considerazioni scellerate…d’altronde io guido un’utilitaria, e secondo il mio andrologo, è l’auto giusta per me.

Di yogurt, minestroni e di altre catastrofi.

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Io non so voi, ma quando esco da un supermercato ho bisogno di una camomilla.

E’ diventato un mondo difficilissimo, vige la legge del più forte, del più veloce a prendere il numeretto e, senza ombra di dubbio…del più cattivo.

Già, più sei bastardo più fai prima a fare la spesa. Avete mai visto un monaco tibetano all’ipercoop?, no, non ci vanno. E non perchè siano vegetariani o vegani, ma soltanto perchè se entrano lì dentro o non escono più o se escono avranno sicuramente dato un ceffone a qualcuno.

Ok, di seguito, alcune riflessioni del perfetto bastardo da supermercato.

Già entrando ci sono le donnette sulla settantina, con il carrello che tamponano chiunque . La prima cosa che penso vedendole è: “andate alle botteghe, cazzo”, basta con questo supermercato, è per i giovani, per gente dinamica. Passando le vedi ferme al banco dell’ortofrutta con un limone in mano, e sono lì che lo fissano. Dai, mica diventa un kiwi, vai sulla bilancia, lo pesi, lo metti nel sacchetto e lo porti a casa. Certo, sembra facile, ma devono indovinare il tasto con il numero giusto sulla bilancia. L’ultima volta la signora davanti a me aveva comprato tre pomodori pachino e li ha pagati sessanta euro, li ha etichettati come “zucche della Manciuria”.

Sono lì che sto riempiendo il mio carrello e arriva sempre quello che mi tocca, mi tira la maglia…”senta signore mi prende la pasta su in alto che non ci arrivo?”…e che palle, le offerte per i pensionati sono in basso, dai, in alto c’è la roba di marca, lascia stare, che fa aumentare la pressione minima.

Il dramma assoluto avviene quando devi comprare qualcosa nella corsia dei banchi frigo.

Ti avvicini e noti che iniziano a cadere i primi fiocchi di neve, la gente esce con il piumino e i doposci. Ti infili in questo ghiacciaio di latticini, pasta fresca e yogurt. Ecco, lo yogurt. Ma avete notato quanti tipi di ne esistono? Centinaia di gusti, modelli e quello della Marcuzzi e quello della Sandrelli, tutti i tipi di frutta esistenti sono messi nello yogurt. Quando ero piccolo io, esistevano due tipi: quello che faceva cagare come gusto e l’altro che faceva cagare e basta.

Una volta la cassiera ti dava un filo di umanità, ti consigliava su come fare il minestrone…”sa, mio nonno nel minestrone ci metteva il sedano”, la signora dietro di te “mio nonno, gli asparagi”, quella dietro “il mio, l’anguria”, il penultimo della fila “il mio, ci pisciava” e l’ultimo “mio nonno, ai vostri nonni gli faceva un culo così”. Ma erano momenti di aggregazione.

Oggi no, oggi la cassiera scannerizza, senti solo il “bip”, al massimo ti rivolge la parola per dirti “ha la tessera?”, che più che una cassiera sembra un controllore del treno, non ti dice quanto hai speso, ti fa un cenno col capo e ti indica il display della cassa, con un altro cenno ti indica che devi inserire il codice bancomat, tu tiri fuori il mazzo di carte, le strizzi l’occhio e storgi la bocca…hai pescato l’asso e il tre di briscola…che culo.

Per i più tecnologici esiste la cassa automatica, che la maggior parte delle volte è di gran lunga più simpatica della cassiera umana: compri settecento articoli e per evitare la fila decidi di affidarti completamente alla tecnologia. Impieghi circa ventidue minuti per passare tutti gli articoli sotto il lettore, anche perchè nel sessanta percento dei casi l’apparecchio non ti legge il codice a barre. Hai sudato come un porco, ma ce l’hai fatta, stai per confermare l’importo….ma…Rilettura. No cazzo, la rilettura no. Ti si avvicina un commesso bassino e in doppiopetto, che sul momento pensi “…ma stai a vedere che l’hanno veramente condannato a svolgere lavori socialmente utili” (questa arriva con calma…ma arriva). Finito il controllo la voce metalica ti dice cortesemente di inserire la carta di credito o bancomat, ti invita a digitare il pin. Errato. Secondo tenativo. Errato. Eppure il codice è giusto, riproviamo. Si blocca la carta. Arriva un addetto alla sicurezza, tu stai schiumando, nel frattempo passa il vecchietto che ti aveva chiesto la pasta, accompagnato dalla badante rumena, lui ti guarda, sorride e alza il dito medio.

L’unico momento di umanità che esiste ancora nel supermercato è al banco gastronomia/salumeria.

Arriva quello col camice bianco e i guanti, che fa un po’ “analisi del sangue”, ma ti sorride e forse è simpatico.

Tu ordini un etto di prosciutto e lui ti fa sempre la stessa domanda “quale? da venti euro al chilo, trenta o quaranta euro?”, che te pensi….”cazzo, ma per un maiale intero devo ipotecare la casa?”. In quel momento capisci che ti sei sbagliato, l’infermiere che ti guarda al di la del bancone non è simpatico per niente. Ovviamente, opti per quello da trenta, la classica via di mezzo, non fai la figura del barbone e non ostenti ricchezza, anche perchè le ultime monete che ti restano sono quelle dell’applicazione di “Slot Mania”. Mentre il chirurgo affetta il tuo prosciutto, arriva quello senza numerino…”ah…mi dia un bell’etto di prosciutto magro, quello dell’ultima volta…”. Ti volti e lo incenerisci con lo sguardo…”senti ciccio, è più di mezz’ora che sono qui a parlare con i cacciatorini e mi vuoi passare avanti?…e soprattutto, saranno venti giorni che non vieni a comprare gli affettati e ti illudi che il Dottor House qua,si ricordi cosa hai mangiato l’ultima volta?”. Lui ti guarda esterefatto “ah ma c’era il numero?” Alzi lo sguardo e gli indichi un display grande quanto quello di Time Square a capodanno, Nel frattempo Grey’s Anatomy ha finito di affettare. Casualmente si è distratto e ha fatto un etto e mezzo…”che faccio? lascio?”. Eh no, caro il mio medico in famiglia, non lasci, togli quelle cazzo di fette e aspetti che passi il nonno della cassiera, che se ti dice bene, magari le mette nel minestrone.

P.s. Ovviamente la parte sugli anziani è un’esagerazione voluta. Quando mi chiedono la pasta la prendo sempre e li aiuto anche riportare il carrello a posto…ovviamente tenendomi l’euro. 🙂