Forse sono bigotto.

Ma guarda, questo non è assolutamente vero, no, non tutti quelli della mia generazione sono bigotti, ma figuriamoci, siamo moderni, siamo smart, ok, magari ci mettiamo mezz’ora a rispondere a un messaggio whatsapp ma solo perché siamo scrupolosi, misuriamo le parole, detestiamo i refusi e quindi, scriviamo, cancelliamo, correggiamo e alla fine inviamo il messaggio…con frasi tipo “apri la porca” anziché la “porta”, ma quello è colpa della presbiopia.

Come? Ma certo che sono moderno, anche come mentalità, sì, nonostante abbia sempre votato a sinistra, sì.

Ma come cosa penso dell’identità sessuale?, ma che domanda è? Sarebbe come chiedere cosa penso degli hipster o dei tatuati. Certo che so chi sono gli hipster!

Cosa farei se mio figlio fosse gay? Ma che ne so, gli direi di non fare tardi, di stare attento agli sbalzi di temperatura, di guidare piano, di non bere. Mi preoccuperei per lui, semplicemente, come ogni genitore dovrebbe fare. Sarei felice quando lui è felice e incazzato quando qualcuno lo fa stare male.

Come reagirei se si fidanzasse con un uomo? Come dovrei reagire, gli parlerei, proverei a spiegargli che un rapporto di coppia è un patto, sì, un patto fra due esseri umani, che si impegnano a non capirci niente.  Le relazioni di coppia sono il Blu Tornado di Gardaland, con le discese, le impennate, le curve messe a cazzo. Ti sentirai con lo stomaco sottosopra e l’adrenalina in circolo che ti farà urlare, di rabbia, gioia e paura. Alcune durano giusto il tempo di un giro di giostra, altre non la smettono più di sballottarti qua e là. Ma in ogni relazione di coppia ci sono alcuni momenti in cui ti sentirai veramente al sicuro, nonostante tutto. La durata di questi momenti dipende da te, almeno per il cinquanta percento.

Il sesso sarebbe un problema? In che senso? Certo che sarebbe un problema, che discorsi, se lui non lo facesse mai sarebbe un problema sì. Cosa ne penso? Penso che sarebbero affari suoi.

Perché dovrei preoccuparmi? Il sesso è il sesso e basta, siamo noi a dargli una specifica connotazione. E ogni volta è diversa. Il sesso è come il cibo, puoi farti un’abbuffata o brevi spuntini. Puoi fare la dieta tisanoreica o quella a zone, nel senso che mangi in sala, cucina, bagno, camera, balcone. Il sesso lo usi per festeggiare, per noia, per disperazione. Può diventare un piacere o un problema, una cosa è certa: il corpo umano non è progettato per farne a meno.

No aspetta, questa me la spieghi bene eh, perché dovrei sentirmi in colpa? Per aver fallito come genitore? Ma sei impazzito! Mi sentirei in colpa se fosse un delinquente, un maleducato…un interista, ma non certo se fosse gay. Ma che c’entra la sensibilità? È un luogo comune stucchevole, non tutti i gay sono sensibili, o creativi o empatici, conosco omosessuali che sono delle grandissime teste di cazzo. C’è questa cosa che se uno è gay devi per forza trovargli delle qualità, come quando muore qualcuno e tutti a dire “era una brava persona”, ma chi l’ha detto? Magari è stato uno stronzo intergalattico, o magari no.

Perché dovrei essere imbarazzato? Fammi capire, non sarebbero certo i gusti sessuali di mio figlio a imbarazzarmi. mi imbarazza l’ignoranza, la battuta sessista, le risatine del cazzo fra amici quando vedono qualcuno diverso da loro.  Mi imbarazza chi dice “donna con le palle” o peggio “ha il ciclo”, mi imbarazza chi dice ancora “frocio di merda”, ma non per me che ascolto eh, no, io mi imbarazzo per chi lo dice. Mi imbarazza chi usa la parola “omosessuale” come se fosse un’offesa. Mi imbarazzano questi atteggiamenti qui, ma mi imbarazza ancora di più chi li giustifica.

Come penso che sia sessualmente il nostro paese? Penso che sia autoerotico. Ci facciamo un milione di pippe mentali per risolvere problemi che abbiamo creato noi. Facciamo leggi contro le discriminazioni sessuali quando basterebbe dire “amate chi cazzo vi pare, nessuno vi giudica”.  Ostentiamo il sesso e tutte le nostre preferenze sessuali solo per esorcizzarle. Sono stato per un po’ di tempo in Danimarca, trent’anni fa eh, non l’altro ieri, ecco, già allora se andavi a dire a qualcuno di Copenaghen “sai, io sono gay” quello ti guardava come se venisse qualcuno da noi a dirci che è mancino. Il nostro paese sessualmente è come “il cane di Betto”: mentre tutti gli altri scopavano lui si leccava il…ok, ci siamo capiti.

Il lavoro? Che c’entra il lavoro? No, non credo che sarebbe penalizzato no, perché dovrebbe esserlo? Certo che mi incazzerei se accadesse, come si incazzerebbe chiunque. Ma mi incazzerei anche se fosse privilegiato. Una persona non deve avere dei vantaggi perché è gay, o donna, o disabile, o bianco o nero, blu eccetera. Una persona deve avere privilegi perché dimostra di meritarseli. Altrimenti è comunque una discriminazione. Cosa ridi? Sì sono un illuso, voglio credere che avere le capacità serva ancora a qualcosa, lo voglio credere. E vorrei che lo credesse anche mio figlio.

Ecco, non lo so se sono bigotto, forse un po’ sì, c’è qualcosa che non riesco a superare, ci provo, ma proprio non ci riesco. Non sopporto i finti buonisti, chi sfrutta le debolezze degli altri per farsi valere, chi sbeffeggia qualcuno solo perché ha gusti diversi dai suoi. Ecco, per me queste sono persone di merda, indipendentemente da ciò che hanno fra le gambe.

Tremilasette giorni sulla Luna.

Sono Arianna e cammino sulla Luna. All’inizio è stata solo una condanna senza appello e non è servita a niente la mia smania di evitare il verdetto ineluttabile – Imputata si alzi in piedi e ascolti la sentenza -.E non hanno sortito nessun effetto le suppliche, gli strilli e le bestemmie contro il fato, la giuria sembrava seria, tutta gente che ha studiato, quelle parole dette con fredda severità non ammettevano margine di errore. – Colpevole. E nessuno potrà farci niente. – E allora vaffanculo, se devo stare sulla Luna voglio farlo a modo mio.

Ci porto la mia borsa, comprata a Copenaghen un giorno senza sole e te lo ricordi il freddo che faceva? Dio com’era bella la luce del mattino. Te lo ricordi? Che poi alzavi lo sguardo e mi dicevi – C’è da perdersi dentro un cielo così-
E ci porto l’anima del mare, tutta quanta, con i gabbiani e le anatre spose, con le grida del porto e gli odori del libeccio. E i pescatori nelle balere a dividersi sigari e leggende. E poi le aurore e i temporali e il salmastro nei polmoni. Ce lo porto veramente che, da quelle parti mi farà comodo avere uno sputo d’infinito. Da quelle parti farà comodo un posto in cui sentirmi viva.
E ci porto la musica, altroché se ce la porto, che la nebbia sarà tanta e servirà di sicuro avere un sogno da inseguire. E ci porto la chitarra, con gli arpeggi e gli accordi più rabbiosi, con le corde che vibrano e tagliano la pelle, come quando mi guardi e mi dici qualcosa, qualunque cosa e io lì che penso – vorrei non finisse mai di guardarmi così- e mi ci perdo in quegli angoli di bocca. E poi le canzoni, con le parole improvvisate e quelle che indovinano i tumulti della mente. E ci porto un palco e qualcuno che abbia voglia di ascoltare, che anche se cammino sulla Luna la voce non ci pensa neanche a starsene al riparo. E allora la lascio uscire che magari che ne so, potrebbe tornare buona per qualcuno che voce non ne ha.
E ci porto le emozioni, giuro che lo faccio, che là di spazio ce n’è quanto ne vuoi. Quelle impronunciabili di “guardami dormire”, quelle rumorose di “scuotimi i pensieri”, quelle inconsolabili di “non farti più vedere”, quelle senza fine di “tienimi per mano che ho paura di svanire”. E le voglio fotografare, più che posso, senza perdermi un momento, come quando ti dicevo – inquadrami bene e scatta ancora, che mi sento bella da morire – Alcune andranno smarrite, già lo so, ma resteranno gli odori e la sensazione di pace sulla pelle che hanno lasciato. E alla fine andrà bene così.
Cammino sulla Luna e vado a tastoni, ma mi hanno detto che è normale, imparerò a contare le distanze, prima o poi, io che già faccio fatica a misurare gli slanci dei pensieri. Mi sento in equilibrio fra un abisso ed un sorriso, dicono che la mente si deve abituare, che poi sarà come ballare sopra le vite dei passanti. E sfioro i contorni, seguendo il profilo delle cose, come ad indovinare l’anima che hanno. E la sento, ogni tanto la sento davvero. Tutti quegli atomi di cuore intenti a dare una forma tangibile agli inganni dei sensi.
E mi sembra di vederli gli sguardi di chi incrocia il mio cammino incerto, che per una frazione di secondo stringono più forte la mano in altre mani, come a dire “per fortuna che ci sei”. 
Io sento solo mani addosso, tocchi inaspettati di qualcuno che farò fatica a riconoscere. Le dita lievi di mia madre, che va veloce per evitare di pensare, che lei lo sa come vanno certe cose, è un attimo ritrovarsi con le mani fra i capelli a inveire contro il destino. Sento il palmo di mio padre, che ha timore di mandarmi in mille pezzi e allora desiste dall’intento di abbracciarmi, ma io le sento lo stesso le sue braccia a tenermi in superficie. Parla poco e ride piano, ma lo fa spesso, che è il suo modo per non cadere negli inganni della sorte.

Sento le mani di un amore che svanisce a poco a poco, magari neanche se ne accorge, ma lo percepisco, lui si ostina a volerlo mascherare, ma io lo so, questo sforzo per lasciare tutto inalterato finirà per farlo fuori. 

Perché a camminare sulla Luna, in mezzo a tutta questa nebbia, ho imparato a percepire i tormenti della gente. Come se non fosse già abbastanza vivere nell’ombra.
Arianna avrà trent’anni, minuto più minuto meno, non si guarda nello specchio da tremilasette giorni, da quando i suoi occhi hanno smesso di far filtrare luce, divorati da una malattia lenta e inesorabile come l’arrivo di un dolore. Ma ha trovato la sua strada per fottere il corso degli eventi e si porta dietro tutta quella vita che ha attraversato senza perdersi un dettaglio. Arianna adesso è sopra un palco abbraccia una chitarra e si gode l’applauso di un pubblico che ha avuto voglia si ascoltarla. Lei sorride, fa un gesto che ricorda l’accenno di un inchino, alza una mano in segno di saluto e anche se nessuno può saperlo, lei percorre i sentieri di tutte quelle vite, misurandone i tormenti. 
Che si vede chiaramente l’orizzonte camminando sulla Luna.

Raccomandazioni per farmi arrivare lontano.

io e me

Ciao, Tu ancora non mi conosci, o meglio mi conosci già, ma non lo sai, in realtà siamo due facce della stessa medaglia, due linee parallelle che non si incontreranno mai. E se si incontrano, comunque non si salutano.

Tu sei un bambino di sei anni, vivi nel 1980, io sono lo stesso bambino ma ne ho quasi 40, ho già vissuto la tua vita e sono qui per darti un paio di dritte.

Quest’anno Babbo Natale ti porterà il Diaclone e diventerà pazzo per trovartelo, costerà una fortuna, ma anche se ha il mutuo da pagare riuscirà a fartelo avere, perchè Babbo Natale è infallibile, non ci son cazzi. Sarà l’ultimo natale in cui scriverai la tua letterina, dai non fare quella faccia, sono almeno sei mesi che non ci credi più, ma hai capito che per il momento ti conviene tenere segreta la cosa, si ma non preoccuparti, i regali continueranno ad arrivare, ah a proposito…anche della befana…ne vogliamo parlare? va bhe dai, ormai per quest’anno appendi la calza al termosifone, ma poi diglielo a quel pover’uomo di tuo padre che non importa che esca fuori a mezzanotte senza il piumino addosso per andare a prenderti le caramelle che tiene nascoste in garage da almeno sei mesi. Che poi a te quelle schifezze gommose manco ti piacciono, ma ormai devi stare al gioco e farai finta di mangiarle. invece le sputerai nella ciotola del gatto, che povera bestia, sta lievitando come le labbra di Moira Orfei.

A proposito del gatto: fossi in te eviterei di dargli una martellata sulla zampa, no, non fare quel broncio dispiaciuto, ti assicuro che lo farai, fra meno di un anno, mentre stai giocando con i playmobil, entrerà in camera tua e tu lo farai prigioniero costringendolo a dirti la parola d’ordine…che ovviamente sarà sbagliata. Si comunque sarà una botta lieve, se la caverà con poco, ma diciamo che un certo bonus di vite se l’è giocato.

Per una decina d’anni sarai un bambino estremamente timido, occhialuto, con una pettinatura assurda a “leccata di mucca”. Non spaventarti, considera che a 40 sarai ancora discretamente timido, la pettinatura sarà sempre decisamente assurda, ma con un certo brizzolato che fa tanto George Clooney “de’ noartri”, sarai occhialuto a tratti, perchè non li hai mai amati e non li amerai mai, ma non si puo passare tutta la vita andando a tastoni. O magari si puo’.
 Ma vai tranquillo, a 17 anni sboccerai. Andrai in giro con “il chiodo” (la giacca di pelle intendo, l’altro chiodo fisso lo avrai già da un paio d’anni), capelloni che sanno tanto di Napo Orsocapo e stivali Camperos neri che indosseresti anche in pieno Luglio. Che ho detto? “sbocciato”?…ecco, forse ho esagerato un po’. Certo però che la Ibanez blu elettrico che comprerai nel 1997 renderà il quadro più confortante, C’è da dire che non ti montaterai la testa, assolutamente no, ti sentirai direttamente Dio. L’amerai, come solo una cosa irraggiungibile puo’ essere amata, sentirla vibrare sotto le tue dita sarà come tuffarsi nella neve con la febbre a quaranta. Con lei romperai le palle a tutti i tuoi amici, suonerai in un liceo femminile di Copenaghen vestito da vichingo e strapperai un paio di baci ad una tipa sulla spiaggia. Vorrai strapparle anche altro, ma l’arrivo del suo ragazzo renderà tutto un tantino più complicato. Ecco, un suggerimento: anzichè correre verso il molo, prendi in direzione della pineta, magari sarai più fortunato ed eviterai di girare per una settimana con un occhio degno di un panda cinese.

A luglio dell’anno dopo fumerai la tua prima sigaretta, vomiterai anche i tortellini del veglione di capodanno, giurerai che non lo farai mai più. Eh, com’è andata?…meglio non sapere…cazzo, aspetta m’è cascata la cenere sulla tastiera…ok, dicevamo?…. Proverai anche un paio di sigarette…come dire…”addizionate”, si ok, un po’ più di un paio, ma durerà poco, come dici? se io ho smesso?, certo che ho smesso…da quanto?..oddio…ok, te lo dico da quanto…dunque…che ore sono?. No davvero ne fumerai meno di sei in tutta la tua vita. L’ultima da militare la notte del congedo. Giuro. Croce sul cuore.

Ti romperai una caviglia un primo maggio, il naso l’ultimo giorno di scuola e il crociato del ginocchio a trentasei anni facendo lo scemo sui rollerblade, che dai, lo sappiamo entrambi che a senso dell’equilibrio siamo davvero messi male.

Avrai pochissime ragazze, forse è anche per questo che continuerai a portare gli occhiali, sarai un po’ stronzo e un po’ vittima, direi che tutto sommato ci puoi anche stare, poteva andarti peggio.

Che altro…vediamo…ah si, un giorno aprirai un blog, come?, cos’è un blog?, eh, magari te lo dico fra una ventina d’anni, quando l’avrò capito anch’io.

Dai, è il momento dei saluti. Un giorno ci incontreremo e capiremo se siamo vissuti per davvero. Nel frattempo, cerca di fare buon viaggio. Prendila un po’ più con filosofia e non arrenderti. Mai.

Studia, mi raccomando, fammi arrivare il più lontano possibile, sano e salvo. E non mangiare tutta quella cioccolata, sennò arriverai a quarant’anni con un quindicina di chili da smaltire. Trattami bene,  

Ciao.

Fai il bravo.